Per quel che concerne le politiche di “austerità”, che la neolingua liberista preferisce sacralizzare come austerity, cioè – per dirla à la Manzoni – mediante il nuovo latinorum della globalizzazione imperiale, esse rispecchiano puntualmente la guerra di classe dell’alto contro il basso. E figurano come una precisa aggressione ai danni dei diritti sociali e delle conquiste delle classi lavoratrici e dei ceti medi, ridimensionate in vista della loro integrale sottrazione in nome dei sacri dogmi della “stabilità finanziaria” e del “risanamento del bilancio pubblico”. La logica classista sottesa a questo dispositivo consiste nel conferire un senso all’insensatezza della scelta preordinata dal potere, paragonandola alla totale mancanza di senso dell’alternativa che le è contrapposta: e ciò di modo che i cittadini accettino la prima condizione non perché realmente la approvino, ma semplicemente perché terrorizzati dall’opzione “concorrente”.

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