Retta da un numero chiuso di istituzioni made in USA (tra cui Goldman Sachs, Rothschild, JP Morgan, Citigroup, Bank of America, Morgan Stanley), la nuova aristocrazia finanziaria tecno-globalista non ha alcun riferimento valoriale proletario (lavoro, diritti sociali, riconoscimento eguale, ecc.), né borghese: è nemica degli Stati e dell’eticità, non ha alcun radicamento, né alcuna cultura. Si rivela, per ciò stesso, egualmente distante dal proletariato e dalla borghesia, da Marx e da Hegel. Nel transito dal capitalismo dialettico a quello assoluto, la contrapposizione socio-economica tra l’oligarchia finanziaria (l’irresponsabile e cinica élite globalista, non più nazionale, né territoriale) e i popoli ilotizzati dal globalismo sostituisce la precedente antitesi tra la borghesia e il proletariato, nel frattempo divenuti la nuova classe dominata, il precariato o, con le grammatiche di Christophe Guilluy, la “classe periferica”1 (operai e impiegati, precari e piccoli imprenditori). War Street figura, così, come la sede centrale da cui gli agenti del finanz-capitalismo conducono la loro guerra di classe dall’alto. Si registra, in tal guisa, non solo la morte del proletariato come classe in sé, portatrice di coscienza antagonistica di classe e di progettualità redentiva, ma anche il decesso della borghesia come classe dotata di coscienza infelice e di un mondo valoriale non integralmente mercificato, secondo la prognosi che, nella Montagna incantata, Thomas Mann affida al gesuita Naphta, alter ego di Lukács. Il classismo coessenziale al modo capitalistico della produzione non si estingue, ma, au contraire, si radicalizza mutando la sua composizione grazie alla nuova antitesi tra l’alto della power élite finanziaria, apolide e con incoscienza felice, e il basso della massa damnata del precariato ilotizzato. Nella sua Teoria della classe agiata, Thorstein Veblen aveva svolto alcune pionieristiche considerazioni su questa divaricazione, oggi compiutamente realizzata: e l’economista Branko Milanović, tra i più attenti studiosi del tema della disuguaglianza, ha rilevato che quest’ultima si è a tal punto rinsaldata da rendere quello della power élite e quello dei subalterni, letteralmente, due worlds apart. Gli avidi imprenditori di Coketown, la città in cui è ambientato Tempi difficili (1854) di Charles Dickens, riescono ad apparire perfino più umani e meno distanti dagli ultimi di quanto non lo siano i membri della nuova classe globocratica neo-feusale. La cui abissale distanza dal “popolo degli abissi” emerge, oltretutto, dalla sua sempre più ostentata volontà di colonizzare anche lo spazio al di là del pianeta Terra, come nel caso dell’ammiraglio del capitale sans frontières Elon Musk. Ciò concorre a fare del nostro tempo l’“era dell’indecenza”, secondo la formula di Frédéric Gros: lo stesso vocabolo “ingiustizia” non è nemmeno più un termine adeguato per descrivere il livello delle disuguaglianze, giacché – scrive Gros – “le disuguaglianze sono arrivate al punto che soltanto un’ipotesi di doppia umanità potrebbe giustificarle”.

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Di admin