Stoltenberg, segretario della NATO il cui nome ricorda irresistibilmente il detto latino nomina sunt omina, ha recentemente affermato che la NATO valuta lo schieramento di più armi nucleari. Avete letto correttamente: più armi nucleari. Ci manca solo che Stoltenberg spieghi che si tratta comunque di armi nucleari democratiche, pacifiche e a fin di bene. Ovviamente ora non tiene più in alcun modo la narrazione, finora ripetuta in forma martellante, secondo cui l’occidente sta solo aiutando l’Ucraina a difendersi dall’invasore. Ed emerge chiaramente come, accanto alle due figure finora evocate dell’invasore e dell’invaso, ve ne sia evidentemente una terza: l’invasato. Tale è a tutti gli effetti l’occidente liberalprogressista a trazione washingtoniana, il cui fanatismo bellico si manifesta ora nella sua forma più radicale e insensata, contraria alla ragione e anche al buon senso. Sicché sarebbe opportuno formulare pacatamente alcune domande tutto fuorché oziose: chi è davvero a volere la guerra? Chi rappresenta il pericolo massimo per l’umanità? E, ancora, chi deve essere fermato il prima possibile? Chi sta trascinando il mondo intero nell’abisso? Se a queste domande rispondete citando la Russia e non la civiltà dell’hamburger, vuol dire una cosa soltanto: che la manipolazione condotta quotidianamente dei padroni del discorso e dall’ordine mediatico unificato è riuscita nel suo intento propagandistico, facendo come sempre apparire i nemici come amici e gli amici come nemici. Di più, facendo apparire i problemi come le soluzioni. Se ancora non avete capito che questa non è la guerra della Russia contro l’Ucraina, ma è invece il conflitto che Washington sta conducendo contro Mosca (usando l’Ucraina e il guitto Zelensky come semplice strumenti sacrificabili), allora realmente siete “capita insanabilia” irredimibili e nella posizione analoga a quella di chi, al cospetto del foglio bianco, continuasse a ripetere che esso è nero, per il semplice fatto che così dicono i giornali e le televisioni. Lo diciamo spesso e lo ripetiamo anche ora: al cospetto del nostro tumultuoso e insensato presente, perfino Orwell appare un dilettante.
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