AGOSTINO, LE DUE CITTÀ
[De civitate Dei, XIV, 1)]
È accaduto perciò che, nonostante tutti i popoli che vivono sulla Terra e hanno diverse religioni, diversi costumi e si distinguono per la diversità delle lingue, delle armi, dell’abbigliamento, non esistono tuttavia che due generi di società umana, che opportunamente potremmo chiamare secondo le nostre Scritture, due città. Evidentemente l’una è formata di uomini che vogliono vivere secondo la carne, l’altra di quelli che vogliono vivere secondo lo spirito, ciascuno nella propria pace, che essi raggiungono quando conseguono ciò che ricercano.
b) Due amori, due città (De civitate Dei, XIV, 28)
1 Due amori quindi hanno costruito due città: l’amore di sé spinto fino al disprezzo di Dio ha costruito la città terrena, l’amore di Dio spinto fino al disprezzo di sé la città celeste. In ultima analisi, quella trova la gloria in se stessa, questa nel Signore. Quella cerca la gloria tra gli uomini, per questa la gloria piú grande è Dio, testimone della coscienza. Quella solleva il capo nella sua gloria, questa dice al suo Dio: Tu sei mia gloria e sollevi il mio capo. L’una, nei suoi capi e nei popoli che sottomette, è posseduta dalla passione del potere; nell’altra prestano servizio vicendevole nella carità chi è posto a capo provvedendo, e chi è sottoposto adempiendo. La prima, nei suoi uomini di potere, ama la propria forza; la seconda dice al suo Dio: Ti amo, Signore, mia forza.
2 Nella prima città, perciò, i sapienti, che vivono secondo l’uomo, hanno cercato i beni del corpo o dell’anima o tutti e due; oppure quanti hanno potuto conoscere Dio non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa. Mentre si dichiaravano sapienti (cioè gonfiandosi nella loro sapienza sotto il potere dell’orgoglio), sono diventati stolti e hanno cambiato la gloria dell’incorruttibile Dio con l’immagine e la figura dell’uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili (nella pratica di questa idolatria essi sono stati alla testa dei popoli o li hanno seguiti). Hanno venerato e adorato la creatura al posto del Creatore, che è benedetto nei secoli. Nell’altra città invece non v’è sapienza umana all’infuori della pietà, che fa adorare giustamente il vero Dio e che attende come ricompensa nella società dei santi, uomini e angeli, che Dio sia tutto in tutti.
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"Io nacqui a debellar tre mali estremi; | tirannide, sofismi, ipocrisia [...]. | Carestie, guerre, pesti, invidia, inganno, | ingiustizia, lussuria, accidia, sdegno | tutti a que' tre gran mali sottostanno | che nel cieco amor proprio, figlio degno | d'ignoranza, radice e fomento hanno".
(T. Campanella)
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