E adesso Giorgia Meloni punta direttamente alla vicepresidenza dell’Unione Europea. Così leggiamo su ANSA: “Una delega di peso e una vicepresidenza esecutiva della Commissione europea. Palazzo Chigi tiene la linea nella trattativa per il ruolo che avrà l’Italia a Bruxelles nel secondo esecutivo di Ursula von der Leyen”. E dire che noi non abbiamo dimenticato quando, non molti anni addietro, Giorgia Meloni si proclamava paladina dell’uscita dell’Italia dall’Unione Europea e dall’euro. L’obiettivo era abbandonare la tecnocrazia repressiva della UE, non certo guadagnarvi un posto di potere. Ovviamente, gli apologeti di Giorgia Meloni e della destra bluette neoliberale, atlantista ed europeista ci spiegheranno con zelo che si tratta di una astuta strategia per “cambiare l’Europa dall’interno”. Si tratta ovviamente di una tesi del tutto infondata, poiché l’Unione Europea è strutturalmente irriformabile: basterebbe aver letto anche di sfuggita i suoi trattati fondamentali, quello di Maastricht e quello di Lisbona. Come non mi stanco di ripetere, chiunque si trovi a ricoprire un ruolo di potere nell’Unione Europea, quand’anche sia animato dalle migliori intenzioni, è nelle condizioni analoghe di chi si trovasse a guidare un’auto con lo sterzo bloccato e dunque condannata a seguire necessariamente un percorso prestabilito, nel caso specifico un percorso che porta nel burrone. La verità è che Giorgia Meloni e il suo partito hanno rapidamente mutato prospettiva o, per dirla in termini nautici, hanno compiuto una poco nobile strambata, che li ha portati ad accettare serenamente ciò che in passato avevano combattuto peraltro con ottime ragioni. Il modello della strambata spiega decisamente bene il modus operandi del governo di Giorgia Meloni: era contro l’Unione europea, e adesso vuole governarla; era vicino alla Russia, e adesso supporta pienamente l’imperialismo della NATO e l’Ucraina del guitto di Kiev (non abbiamo dimenticato neppure i teneri abbracci di Meloni con il guitto Zelensky). Intelligenti pauca. Come non mi stanco di ripetere, il governo di Giorgia Meloni non è altro se non la continuazione peggiorativa, se mai è possibile, del precedente governo dell’euroinomane di Bruxelles Mario Draghi.
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