Nella sua recente udienza a San Pietro, Bergoglio ha fatto l’ennesimo discorso sul tema immigrazione. Così egli ha asserito: “voglio concludere riconoscendo e lodando l’impegno di tanti buoni samaritani, che si prodigano per soccorrere e salvare i migranti feriti e abbandonati sulle rotte di disperata speranza, nei cinque continenti”. Quello che stona nel discorso di Bergoglio è un duplice aspetto, su cui ora richiamiamo l’attenzione. Anzitutto, il fatto che, quando parla di immigrazione (e ciò accade assai spesso), Bergoglio, in linea con il discorso dominante, affronta il tema degli effetti e mai quello delle cause: parla di accoglienza e integrazione dei migranti (celebrando l’operato delle ong), senza mai neppure sfiorare la questione delle cause che determinano la fuga ingiusta e disperata degli africani dalla loro terra; cause che, diremmo con Aristotele, sono sia di ordine efficiente, sia di ordine finale. Per quel che riguarda le cause efficienti, come sappiamo, esse mettono capo ai processi colonialistici di sfruttamento del territorio africano da parte dell’occidente, anzi dell’uccidente. Lo sfruttamento spietato dell’Africa è la causa prima dell’immigrazione di massa. Per quel che invece concerne le cause finali, la globalizzazione turbocapitalistica impiega le due leve della delocalizzazione e della immigrazione di massa come armi contro le classi lavoratrici, al fine di sfruttare il lavoro umano e di abbassare in generale le condizioni delle classi lavoratrici mediante la competitività al ribasso. Di tutto questo, dicevo, non compare mai traccia nei discorsi di Bergoglio (come del resto in quelli della sinistrash), anche in ciò perfettamente in linea con l’ordine mentale di completamento del nuovo ordine mondiale turbocapitalistico: la destra del denaro vuole l’immigrazione di massa per le ragioni economiche già chiarite, e la sinistra del costume la celebra come fatto ineluttabile e anzi degno di essere promosso in nome della multiculturalità, dello scambio e dell’incontro. Per quel che poi riguarda il secondo aspetto del discorso di Bergoglio, non deve sfuggire come sia sempre puntualmente assente nel suo magistero ogni riferimento al sacro e all’eterno, al trascendente e al divino. La chiusura alla trascendenza e, insieme, l’ossessione per la mondanità sono le cifre del modus operandi di Bergoglio: il quale ora parla come guardia forestale amazzonica, ora come operatore ong, ora come leader liberalprogressista (ultimamente perfino come virologo), ma mai parla come uomo di chiesa. Anche da ciò emerge quella che abbiamo definito l’evaporazione del Cristianesimo, della quale sono chiara espressione la teologia del nulla e il nichilismo religioso di Bergoglio.
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