Si avvicinano le elezioni americane e nei giorni scorsi v’è stata la prima intervista di Kamala Harris in qualità di candidata. Degna di nota la sua posizione sulla questione mediorientale: «Non cambierò politica sulle armi a Israele», ha asserito Kamala Harris. Con ciò, ella ha confermato una tesi che andiamo sostenendo da tempo: la Harris è sic et simpliciter un Joe Biden al femminile. La linea politica resta la stessa: neoliberismo selvaggio, in campo socio-economico; arcobalenismo woke, ossia neoliberismo applicato alla sfera dei costumi; e poi, dulcis in fundo, imperialismo spietato a nocumento di tutti gli stati che non si genuflettano alla civiltà dell’hamburger. Come è noto, il sostegno del leviatano a stelle e strisce all’imperialismo genocidario di Netanyahu è completo e senza riserve, con tutte le conseguenze tragicomiche che ne discendono. Anzitutto, in nome della lotta al terrorismo di Hamas, viene giustificato e appoggiato il terrorismo imperialistico di Netanyahu, che usa i due teoremi del diritto di Israele a difendersi e della lotta al terrorismo come foglie di fico per coprire le proprie malefatte disumane. Insomma, come non mi stanco di ripetere, peggio di Donald Trump c’è solo Kamala Harris.
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