In maniera fumettistica, manicomiale e caricaturale, sul rotocalco turbomondialista “La Repubblica” si parla in questi giorni della “sporca guerra di Putin”: a parlarne è segnatamente Giannini, in un surreale articolo che è tutto un programma e che merita davvero di essere letto come esempio della più radicale e quasi lirica propaganda liberal-atlantista. Non sfugga intanto l’aggettivo “sporco” applicato disinvoltamente al conflitto in relazione alla Russia di Putin: ammettere l’esistenza di “guerre sporche” comporta eo ipso il riconoscimento, in pari tempo, dell’esistenza di “guerre pulite”. Sviluppando fino in fondo queste sgangherate premesse (che segnano l’ennesimo sacrificium intellectus del discorso dominante), se ne inferisce che, per “Repubblica”, le guerre dell’occidente, anzi dell’uccidente, sono per definizione guerre pulite, umanitarie, democratiche, benefiche e magari anche desiderabili. Curiosamente, in effetti, non si fa mai cenno nemmeno per errore alle sporche guerre dell’occidente liberal-atlantista, che per definizione – come ricordato – non sono mai “sporche”, ma sono invece sempre linde, candide, immacolate e – dulcis in fundo – portatrici di diritti e di democrazia. Erano amabili e umanitarie le bombe occidentali su Belgrado nel 1999, ad esempio? Mi punge vaghezza di far notare alla sempre equilibrata e mai faziosa redazione del rotocalco turbomondialista “La Repubblica” che anche la cosiddetta “guerra sporca di Putin” in realtà non è altro se non la guerra sporca dell’uccidente americanocentrico contro la Russia, colpevole di non piegarsi a quell’americanizzazione coatta del pianeta che viene pudicamente appellata “globalizzazione” e che, come ho mostrato nel mio libro “Glebalizzazione”, meglio sarebbe definire anglobalizzazione. È una costante del discorso ideologico dominante la celebrazione delle proprie guerre come intrinsecamente buone e umanitarie e la parallela demonizzazione della resistenza altrui come sporca guerra e come terrorismo. Davvero, nihil novi sub sole. Sorprendente, semmai, è che ancora qualcuno – troppi, in verità – si beva questa narrazione demenziale.
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