Sta facendo molto discutere e sta altresì destando numerose preoccupazioni il nuovo decreto sicurezza proposto dal governo della Destra bluette neoliberale e filobancaria di Giorgia Meloni. In particolare, sta destando particolare attenzione il giro di vite prospettato per quel che riguarda le manifestazioni pacifiche. Secondo il nuovo disegno di legge, infatti, oltre a essere previsto un inasprimento generale delle pene già esistenti, anche le manifestazioni pacifiche non sono affatto al sicuro: una novità rilevante riguarda infatti le manifestazioni e gli scioperi, se si considera che il testo prevede pesanti sanzioni per chi blocca strade o ferrovie anche se in maniera pacifica. Quando ad agire sono singoli individui la pena prevista risulta la reclusione fino a un mese, ma aumenta notevolmente fino a due anni se a essere coinvolte sono più persone. E sale fino a 15 anni se si riesce a dimostrare una attiva resistenza al pubblico ufficiale. Insomma, si tratta di pene che definire draconiane non sarebbe certo eccessivo. Può certo apparire del tutto sensato prevedere pene anche pesanti per chi blocca le ferrovie o le strade, dunque cagionando danni e procurando l’interruzione dei pubblici servizi. Ma, come sempre, il diavolo si nasconde nel dettaglio: anche quando si occupa una piazza in effetti o quando si sfila per una strada manifestando pacificamente non si sta forse “bloccando” uno spazio pubblico? Dove sarebbe dunque il limite tra una manifestazione pacifica ammessa e una invece fuorilegge? Sembra a tutti gli effetti un confine assai labile, reso forse volutamente tale proprio per disincentivare tutte le manifestazioni e dunque per ridurre ulteriormente gli spazi di espressione corale del dissenso. Non bisogna certo scomodare il fascismo per inquadrare il modus operandi del governo di Giorgia Meloni, il quale semplicemente sta attuando le premesse del nuovo ordine mondiale liberista, tra i cui capisaldi troviamo indubbiamente anche la limitazione del diritto di espressione del dissenso. Non avrete certo dimenticato il famigerato “divieto di assembramento” subentrato ai tempi dell’emergenza epidemica quando Giorgia Meloni neppure era al governo e sulla plancia di comando vi erano le sinistre fucsia, egualmente zelanti nell’attuare il programma neo-liberale poc’anzi enunciato. Mutato nomine, il divieto di assembramento giustificato in nome dell’emergenza sanitaria era soltanto il vecchio autoritario divieto di assemblea già sperimentato negli anni più bui della nostra storia. Si potrebbe anzi ragionevolmente sostenere che il nuovo disegno di legge del governo di Giorgia Meloni non fa che continuare coerentemente la linea già avviata dalla sinistra padronale ai tempi del divieto di assembramento. La verità, non detta perché non dicibile, è che il capitalismo dominante non solo non è in grado, come sempre, di garantire i diritti sociali, che anzi smantella celermente uno dopo l’altro: non è più nemmeno capace di garantire i diritti individuali di cui pure sempre aveva menato vanto di essere il massimo garante. E non dobbiamo davvero stupirci se presto o tardi anche scioperare e manifestare liberamente il proprio dissenso saranno un reato.
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