In un suo intervento recente, Bergoglio, che in molti si ostinano a considerare il Papa (ma che papa non è, poiché Ratzinger mai rinunciò al munus petrino), ha asserito con timbro critico che molti sono discepoli della “coca-cola spirituale”. Con questa locuzione colloquiale, il pastore della neochiesa liquida, smart e postcristiana intendeva asserire che troppi sono esizialmente sedotti dai modelli alienati della civiltà dei consumi e della società dello spettacolo. E, in tal guisa, finiscono per vivere la spiritualità stessa in maniera reificata, abbandonando il messaggio cristiano e precipitando in derive new age, in cui la spiritualità decade a “pappa del cuore” per dirla hegelianamente, cioè a semplice messaggio irrazionale e a fuga nel regno nebuloso del sentimento. Non si può naturalmente non essere d’accordo con Bergoglio in relazione a queste affermazioni, facendo però una precisazione non di poco conto: la stessa teologia del nulla e la stessa religione woodstockiana proposte e propiziate da Bergoglio rientrano a pieno titolo nella spiritualità della coca-cola da lui denunciata. Secondo quanto abbiamo più estesamente argomentato nel nostro studio “La fine del Cristianesimo”, il magistero postmoderno di Bergoglio si risolve, in fondo, in un’opera di decostruzione del Cristianesimo, aperto al mondo e svuotato di ogni trascendenza, ridotto a semplice raddoppiamento simbolico del pensiero unico politicamente corretto e liberal-progressista. Insomma, Bergoglio opera col martello di Nietzsche, facendo strame dei capisaldi teologici cristiani e propiziando quell’evaporazione del Cristianesimo che è il prodotto genuino del mondo tecnocapitalistico. Quest’ultimo non solo non ha bisogno del sacro e della religione della trascendenza, ma necessita della loro decostruzione e del loro annichilimento. A proposito di spiritualità della coca-cola, non dimentichiamo che nei discorsi di Bergoglio è perennemente assente ogni richiamo al sacro e alla trascendenza: la religione cristiana diventa fede low cost per consumatori felici e contenti negli spazi reificati del mondo divenuto merce. Se, come diceva Ratzinger, oggi il cristiano non può non essere all’opposizione di un mondo che non vuole più il cristianesimo, non deve destare stupore che Bergoglio non faccia valere alcuna opposizione rispetto al mundus e che, con lui, il buon cristiano diventi perfettamente indistinguibile dal buon consumatore.
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