Libri di Diego Fusaro

Due recenti dichiarazioni di Tajani, esponente di punta della destra bluette neoliberale e filobancaria, atlantista e filoisraeliana, meritano davvero un commento critico. La prima dichiarazione riguarda la questione bellica e militare. Tajani ha dichiarato che l’Europa senza Stati Uniti non è in grado di difendersi. L’affermazione tocca in qualche modo un nodo problematico reale, ma lo fa naturalmente nel modo sbagliato, senza fare emergere la questione dirimente. L’Europa non è in grado di difendersi, ma non per le ragioni evocate da Tajani: la vera causa sta nel fatto che l’Europa è attualmente costellata da centinaia di basi militari statunitensi, che impediscono ogni sovranità reale dell’Europa stessa, rendendola de facto e de jure una colonia dell’impero a stelle e strisce. Con la conseguenza paradossale per cui gli stessi che invocano goffamente la difesa comune europea non dicono che il primo gesto per rendere l’Europa autonoma e sovrana deve essere quello di liberazione dalla occupazione militare americana. Tutto questo non compare nemmeno per errore nei claudicanti ragionamenti in materia di Tajani. La cui seconda dichiarazione può facilmente comprendersi anche in questa luce. Tajani ha detto che “ci vuole più Europa”. Una frase non particolarmente originale, invero, se si considera che è ormai da anni il cavallo di battaglia del discorso unico europeisticamente corretto diffuso urbi et orbi dal coro virtuoso degli euroinomani delle brume di Bruxelles. Il paradosso è lampante, se si considera che quando si fa notare che l’Unione Europea sta producendo tutta una serie di contraddizioni macroscopiche, il buon euroinomane di Bruxelles, il militonto europeista, risponde che ci vuole più Europa: che è un po’ come se il drogato che soffre dicesse che per superare la propria sofferenza ci vuole più eroina, in questo caso più “euroina”. Il trionfo del non sequitur, in effetti: è come dire che per risolvere gli effetti contraddittori bisogna potenziare le cause che li hanno prodotti. Una prova di più del fatto che viviamo nel tempo del cogito interrotto, come sempre mi piace dire variando Cartesio.