È arrivato il panettone d’oro. Ne danno notizia i più letti ma soprattutto più venduti quotidiani nazionali, i quali naturalmente si limitano a dare la notizia, senza far valere alcun tipo di critica a questa ennesima oscenità della globalizzazione turbocapitalistica. Così leggiamo ad esempio su “Fanpage”: “Il panettone più caro d’Italia costa 900 euro ed è ricoperto d’oro: ecco dove si compra”. È l’immagine perfetta della globalizzazione neoliberale e delle sue asimmetrie sempre più oscene, per le quali la parola “disuguaglianza” appare ormai riduttiva e inadeguata: bisognerebbe parlare apertamente di indecenza, a sottolineare come la asimmetria capitalistica abbia raggiunto livelli mai sperimentati prima. E abbia di fatto realizzato il modello di Metropolis di Fritz Lang: in superficie, coi panettoni d’oro, gli happy few, il patriziato cosmopolitico composto dall’1% dell’umanità. E nella parte sotterranea la massa dannata dei descamisados, che faticano a mettere qualcosa sulla propria tavola e che i padroni della parte alta già da tempo pensano di sfamare con larve, insetti e grilli, naturalmente presentandoli come il cibo cool per eccellenza. Ce ne siamo estesamente occupati nel nostro studio “La dittatura del sapore”, una parte del quale è consacrato alle disuguaglianze a tavola. Per un verso, il cibo dei padroni diventa spettacolo e si riveste d’oro. E, per un altro verso, la mensa degli esclusi risulta sempre più povera e non è da escludere che davvero in futuro si caratterizzerà per la presenza di larve insetti e grilli, il meglio che la globalizzazione neoliberale possa offrire ai suoi sudditi. Variando la nota espressione del presidente Mao, nemmeno la globalizzazione è un pranzo di gala. Pierre Bourdieu, nel suo studio sulla “distinzione”, notava che da sempre le classi abbienti impiegano il cibo per distinguersi e per ostentare il proprio potere, dalla tavola del signore medioevale fino all’indecenza contemporanea del panettone aureo, apoteosi della spettacolarizzazione mercificata del cibo.
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