Non neghiamolo, in questa buia fase storica che stiamo vivendo le buone notizie sono sempre più rare. Ebbene, una di queste è indubbiamente quella che riguarda la liberazione di Julian Assange. Dopo cinque anni trascorsi in prigione, il fondatore di Wikileaks può finalmente tornare in Australia. Prima, però, vi sarà l’udienza in un territorio americano del Pacifico. “Questo è il risultato di una campagna globale che ha coinvolto organizzatori di base, attivisti per la libertà di stampa, legislatori e leader di tutto lo spettro politico, fino alle Nazioni Unite. Ciò ha creato lo spazio per un lungo periodo di negoziati con il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, che ha portato a un accordo che non è stato ancora formalmente finalizzato”, viene precisato da Wikileaks. Insomma, una volta di più troviamo conferma del teorema secondo cui fatum non datur: il mondo sempre è quale noi lo facciamo. Esso diventa intrasformabile, quando ci convinciamo che lo sia e, dunque, ci dispensiamo dalla fatica di trasformarlo. La realtà è possibilità, non bruta presenza immodificabile. Il teorema neoliberale there is no alternative non descrive una realtà fattuale, ma prescrive un contegno, quello all’insegna della fatale sopportazione dell’ordine delle cose. Proprio come il teorema della fine della storia, che altro non fa se non prescrivere ai popoli di adeguarsi alle cose nella convinzione che non siano possibili futuri alternativi. La mobilitazione planetaria in difesa di Assange ha dato i suoi frutti. Ricordiamo che Assange è “colpevole” di aver fatto ciò che ogni giornalista dovrebbe fare: egli ha fatto sapere ciò che il potere non voleva si sapesse, rivelando al mondo intero alcune non trascurabili malefatte della civiltà del dollaro. Questo e non altro è il motivo del vile accanimento contro di lui protrattosi per tutti questi anni. In maniera diametralmente opposta rispetto al modus operandi di Assange, la massima parte del giornalismo oggi fa sapere quel che il potere vuole si sappia e non fa sapere quel che il potere non vuole si sappia. Sicché larga parte dei giornalisti occidentali oggi sono mandarini dello status quo, nella forma del nuovo clero di santificazione dell’ordine globalcapitalistico egemonico. Anche per questo larga parte dei giornalisti non sopporta Assange, rivelando nei suoi riguardi una incontenibile antipatia. Insomma, Assange è un modello di libertà e di vero giornalismo raro e dunque ancor più apprezzabile. La notizia della sua liberazione non può che rallegrarci e che essere un balsamo per il nostro cuore. Con diritto, possiamo ripetere con le parole del poeta: nunc est bibendum.
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