L’affaire Bergoglio non si placa e continua a far discutere di sé. Per la prima volta nella storia, un “papa” (nel caso di Bergoglio le virgolette sono d’obbligo) partecipa al G7, cioè al raduno delle grandi potenze che comandano il mondo e che si sono autoinvestite della missione (non gliel’ha infatti conferita nessuno) di promuovere la pace con le armi, la democrazia con i missili e la libertà con le bombe. Stiamo parlando naturalmente dell’Occidente, che già da tempo sarebbe più opportuno appellare uccidente. Ebbene, anche Bergoglio era presente nella sontuosa località di Borgo Egnazia, ove il consesso dei potenti della terra si è svolto. La notizia non deve passare sotto silenzio, poiché realmente è epocale: Bergoglio, che curiosamente assai spesso risulta malato quando si tratta di celebrazione religiose ufficiali, non si lascia sfuggire questa occasione relativa a questioni mondane. D’altro canto, Bergoglio ci ha abituati: sembra trovarsi decisamente più a proprio agio in tv con Fabio Fazio o ai consessi dei potenti che nei luoghi del sacro, come del resto sembra preferire le questioni mondane rispetto alle cose ultime della trascendenza e dell’eternità. Proprio in ciò riposa la religione del nulla di Bergoglio, vuoi anche la sua teologia liquida e chiusa alla trascendenza, tutta votata all’immanenza. Come non ci stanchiamo di ripetere, con Bergoglio (che non è il Papa, dacché Ratzinger rimase papa in sede impedita fino alla sua morte) la Chiesa cattolica si è ridefinita come una neochiesa postcristiana e smart, semplice grancassa della globalizzazione liberalprogressista, mero raddoppiamento del pensiero unico politicamente corretto, che in tal guisa diventa anche teologicamente corretto. Una fede low cost che rende ormai indistinguibile il cattolico dal consumatore. Ai tempi di Bergoglio, infatti, il buon cattolico coincide con il buon liberalglobalista, che ha introiettato i moduli del pensiero unico funzionale all’ordine mondiale turbocapitalistico. Del resto, nei giorni scorsi lo stesso Bergoglio ha candidamente affermato, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, che “si può ridere anche di Dio”. Migliaia di anni di teologia – da Agostino a Tommaso, da Anselmo a Duns Scoto – buttati alle ortiche con una uscita tanto misera e infelice, a opera di colui il quale idealmente dovrebbe rappresentare il facitore di ponti (pontifex) tra cielo e terra, tra trascendenza e immanenza, tra Dio e l’uomo. E che invece sembra aver fatto della distruzione di ogni ponte tra cielo e terra la propria missione. Un Dio di cui l’uomo può ridere semplicemente non è più un Dio ma è un ente dissacrato tra gli altri, privo di sacertà (il sacro è l’indisponibile), ridotto a cosa del mondo a disposizione dell’uomo. Non ci stupiremmo davvero se un giorno o l’altro Bergoglio si affacciasse al balcone di San Pietro e si rivolgesse ai fedeli citando direttamente Nietzsche: fratelli e sorelle, Dio è morto!

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Di admin