Desta sempre più preoccupazioni la condizione dell’arcobalenico e vegliardo presidente della civiltà del dollaro, Joe Biden. Nel suo ultimo confronto pubblico con l’avversario Donald Trump, Biden ha letteralmente fatto un fiasco clamoroso: balbettava, sembrava a disagio, non ricordava i dati; a tal punto che le espressioni sul volto di Trump rivelavano una sorta di pietà cristiana per un avversario in difficoltà sotto ogni profilo. A dire il vero, l’arcobalenico e vegliardo presidente della civiltà dell’hamburger non è nuovo a queste scene di smarrimento e di difficoltà oggettiva. L’abbiamo visto in passato intento a stringere la mano nel vuoto. E lo abbiamo notato mentre rovinosamente ruzzolava dalle scale dell’aereo. Per non parlare, poi, della magra figura fatta al recente g7, mentre sembrava vagare nel vuoto inconsapevole di quel che accadeva intorno a lui. La situazione sembra a tal punto grave che perfino i giornali e i media più vicini a lui sembrano riconoscere lo Stato obiettivo di difficoltà di Biden. Tra questi, anche il nostrano “Corriere della Sera”. E da più parti si riconosce che forse sarebbe il caso che l’arcobalenico e vegliardo presidente del leviatano a stelle e strisce si ritirasse per fare spazio a qualche candidato più lucido e, per così dire, più fresco. Da più parti viene addirittura evocata l’idea secondo cui Biden sarebbe affetto dal morbo di Parkinson. Si può dunque legittimamente immaginare che alla fine non sarà Biden il candidato contrapposto a Trump alle ormai vicine elezioni presidenziali americane? Tutto è possibile, naturalmente. Resta il fatto che Biden, di sua iniziativa o su spinta del deep state, ha condotto in questi anni politiche letteralmente scellerate in ogni ambito: nella sfera della politica interna, portando avanti il neoliberismo più radicale e più spietato, cioè il governo per i mercati e per le classi dominanti; nell’ambito della politica estera, propugnando l’imperialismo più aggressivo e bellicista, quale peraltro si sta manifestando pienamente nella questione ucraina, dove la guerra non è se non il conflitto di Washington contro la Russia di Putin, colpevole di non piegarsi alla libido dominandi della talassocrazia a stelle e strisce. Vero è che, a nostro giudizio, poco o nulla cambierà se Biden sarà sostituito, dacché le politiche americane restano stabilmente quelle, a prescindere dal fatto che vi sia un presidente democratico o un presidente repubblicano.
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