Si è ormai consumata in forma definitiva la rottura del MoVimento 5 stelle guidato da Giuseppe Conte con Beppe Grillo, il fondatore nonché comico passato alla politica senza mai smettere di fare sorridere con le sue graffianti uscite. Possiamo ben dire, a ragion veduta, che si chiude un ciclo. E, più precisamente, che termina la parabola metamorfica del MoVimento 5 stelle, il primo partito liquido della Repubblica Italiana: un movimento, a rigore, più che un partito, e del movimento soprattutto ha mantenuto la prerogativa fondamentale, ossia il muoversi, a tal punto da spostarsi alquanto rapidamente su posizioni opposte rispetto a quelle iniziali. Parafrasando Friedrich Nietzsche, il filosofo col martello, si potrebbe ragionevolmente asserire che il MoVimento 5 stelle è divenuto ciò che un tempo combatteva. In origine, esso era contro la casta e contro la dicotomia di destra e sinistra, contro l’Unione europea e contro la Nato: adesso è divenuto una forza organica alla sinistra, anzi alla sinistrash fucsia liberal-atlantista, andando incontro a una parabola per molti versi rapportabile a quella di Podemos in Spagna. Adesso non ha più nulla da dire contro la Nato e contro l’Unione Europea, contro la dicotomia di destra e sinistra e contro la casta. La cacciata di Beppe Grillo (chi si vaffa colpisce, di vaffa perisce) segna solo l’epilogo di questa svolta metamorfico-kafkiana che ha portato il MoVimento 5 stelle a essere, da forza politica di rottura, forza politica sistemica e funzionale allo status quo. In effetti oggi il MoVimento 5 stelle è solo uno dei tanti fortilizi dell’ordine neoliberale e del Partito Unico del capitale fintamente articolato. Come ultimo scherzetto, Beppe Grillo con l’invio di una PEC ha costretto il MoVimento 5 stelle a tornare a votare. Uno scherzo francamente di cattivo gusto, mosso evidentemente da livore. Uno scherzo che però dice molto sulla condizione infantile della politica italiana complessivamente intesa.
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