Già Smith nel 1776, nella Ricchezza delle nazioni, spiega che il proprietario del capitale è un cittadino del mondo e non è necessariamente legato a nessun luogo: può anzi abbandonare in ogni istante il Paese in cui si trovi a essere oggetto di vessazioni o di imposte gravose. È la premessa teorica alla odierna fuga dei capitali, alle così in voga rivolte fiscali e, insomma, alla dematerializzazione di un mondo in cui si dispiega compiutamente la “compressione spazio-temporale” evocata da Harvey e realizzata dall’ordine global-finanziario. Tra i tanti fenomeni che si possono interpretare in questa cornice di senso propria della civiltà liquida e tecnomorfa, v’è anche il transito dal libro allo schermo: il libro è un oggetto stabile, che rende disponibile un mondo compiuto e ordinato, là dove lo schermo fluidifica il reale e lo sottrae a ogni stabilità. L’ordinamento digitale mette, dunque, in congedo il nomos della terra. Come noto, la cosiddetta superclass egemonica è vocazionalmente apolide e quasi sempre ha la propria sede alle Bahamas o – sempre in tema di teologia economica – in altri “paradisi fiscali”. Lo “sradicamento” (Entwurzelung) individuato da Heidegger come cuore segreto della Tecnica e del Gestell, l’“impianto” che tutto dispone, si determina nel principio di deterritorializzazione, volatilizzazione e fluidificazione proprio del nuovo capitalismo liquido-finanziario, che tutto e tutti mette in movimento, coinvolgendo ogni ente nel processo autoreferenziale di potenziamento della volontà di potenza: nulla sta e tutto si muove; nulla è e tutto vale; nulla è radicato in legami solidi e tutto fluttua onnidirezionalmente in vista della valorizzazione.
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