Una delle tesi metafisiche più “forti” di Cartesio riguarda – nelle lettere a Mersenne – le cosiddette “verità eterne”, come il principio di identità o le verità matematiche. Secondo la metafisica classica, dette verità eterne non erano create da Dio ma erano, per così dire, iscritte nell’ordine eterno delle cose, al quale Dio stesso, creando il mondo, si era dovuto attenere. Per Cartesio, viceversa, le cosiddette verità eterne sono il frutto della creazione di Dio: che gli angoli interni di un triangolo siano uguali a 180 gradi o che due più due faccia quattro è vero, perché Dio ha voluto che fosse così. E poiché la sua volontà non può cambiare mai, essendo Dio onnipotente e perfetto, le verità che egli ha stabilito creando il mondo resteranno per sempre immutabili. Se, come ritiene Gilson, persiste nel pensiero cartesiano la matrice della filosofia medievale, non vi è dubbio che per quel che riguarda le verità eterne create da Dio l’impronta è quella del volontarismo di Duns Scoto, che non per caso Blumenberg, nel suo studio sulla legittimità dell’età moderna, individuava come il vero fondatore della modernità e della sua ontologia.

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