In molti si domandano che fine abbiano fatto i protagonisti della stagione virologica mediatica superstar. In effetti, sembra che siano vivendo una profonda crisi di visibilità, una sorta di crisi di astinenza mediatica. D’altro canto, nei tre anni dell’emergenza praticamente vivevano negli studi televisivi, andando in onda a tutte le ore e spesso anche in contemporanea su più canali. La loro era a quel tempo una vita catodica, più che di corsia. Poi l’ordine del discorso repentinamente mutò e dall’emergenza epidemica si diresse verso l’emergenza bellica. Sicché i virologi superstar persero la loro centralità mediatica e vennero, per così dire, gentilmente scaricati dallo stesso sistema che li aveva fino al giorno prima celebrati solennemente e in pompa magna. Furono sostituiti dagli esperti della guerra, che tuttora furoreggiano sugli schermi notte e giorno. E adesso li vediamo, ogni tanto, i virologi che cercano di riconquistare l’attenzione in ogni modo, talvolta con modalità francamente commoventi. Ad esempio, vi è la dottoressa Capua che continua a metterci in allarme circa la possibile emergenza di una non meglio identificata pandemia detta genericamente X. Non sappiamo di cosa si tratti, ma ci viene detto che comunque arriverà. E poi c’è Ricciardi, che nei giorni scorsi ha tuonato contro il governo, colpevole di non aver adottato il green pass globale, almeno per ora, e sottolineo per ora. Proprio così, secondo Ricciardi l’Italia dovrebbe aderire subito al green pass globale, come se fosse la cosa più buona e più giusta del mondo. Come se appunto l’infame tessera verde non fosse l’apice della discriminazione e del controllo bio-politico sopra e sotto la pelle, per non parlare poi dell’infernale dispositivo di libertà autorizzata e concessa che esso comporta. Ci mancava davvero, il Ricciardi. Anzi, parafrasando una nota canzone di Giorgio Gaber di qualche anno addietro, potremmo ben dire “per fortuna che c’è il Ricciardi”.
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