Dopo l’attentato ai danni di Donald Trump, per fortuna sopravvissuto, abbiamo assistito nelle ore successive a una vergognosa serie di commenti della parte liberal-progressista: commenti che, se anche non giustificavano apertamente l’atto ingiustificabile, comunque sembravano lasciare intendere che Trump se la fosse cercata e in qualche modo anche meritata. Gli stessi che hanno fatto del “restiamo umani” il loro motto, si sono all’occorrenza rivelati decisamente meno umani del previsto. Perché questo è il punto: si può pensare quel che si vuole sul piano politico di Donald Trump, ma non si può che condannare incondizionatamente un gesto vigliacco e inqualificabile come un attentato. Prendiamo ad esempio le surreali dichiarazioni rilasciate – tra un’aragosta e l’altra – su Twitter dal bardo cosmopolita del sontuoso attico di Nuova York, Roberto Saviano. Queste le sue riprovevoli parole: “la storia politica insegna che il proiettile che manca il bersaglio lo rafforza. Il proiettile che ha sibilato all’orecchio di Trump, ferendolo, ha trasformato Trump in vittima”. Insomma, per il bardo cosmopolita il problema non è che nell’occidente, anzi nell’uccidente, ormai sempre più spesso accade che i personaggi scomodi vengano fatti oggetto di sparatorie, da Fico a Trump. No, per il bardo cosmopolita il problema è che adesso Donald Trump diventa vittima. E che dire poi del giornalista del rotocalco turbomondialista “La Repubblica “, Paolo Berizzi? Per un giorno ha sospeso la sua caccia ossessiva al fantasma del fascismo per concentrarsi sull’attentato a Trump, scrivendo quanto segue: “Trump è rimasto vittima della spirale di violenza che lui stesso ha creato e che alimenta da anni”. Insomma, Trump non solo se l’è cercata, generando l’odio, ma è in qualche modo egli stesso il vero responsabile dell’attentato ai suoi danni. Chiudiamo poi con un delirante articolo di “Repubblica”, da sempre impegnata nelle “battaglie contro l’odio” e nella “lotta contro tutte le discriminazioni”. Evidentemente tali battaglie e tali lotte non valgono in universale, ma conoscono ben precise eccezioni. Questo il surreale titolo del rotocalco turbomondialista, voce del padronato cosmopolitico e grancassa del nuovo ordine mondiale liberal-progressista: “Il fucile AR15, icona dei conservatori: il contrappasso per Trump”. Secondo il giornale più vicino alle posizioni della classe capitalistica transnazionale e più lontano dalle rivendicazioni delle classi nazionali popolari, Donald Trump sarebbe stato oggetto della legge del contrappasso, come nell’inferno dantesco. Ora, come non mi stanco di dire da mesi, Donald Trump non è il redentore ed è anzi semplicemente una anomalia all’interno del sistema neoliberale americanocentrico, del quale resta comunque parte. Tuttavia al cospetto di un attentato non si può che prendere posizione condannandolo fermamente. A quanto pare, non tutti la pensano così.

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Di admin