La novità di cui molti non si accorgono è che ormai colossi privati, sradicati e deterritorializzati come le piattaforme della rete Facebook e Twitter sono operativamente al di sopra della politica: e possono, in qualità di privati e senza passare da parlamenti o altri luoghi anche solo vagamente democratici, decidere d’imperio chi silenziare o, addirittura, chi far sparire per sempre (i desparecidos del digitale, potremmo appellarli). Mentre gli sciocchi giubileranno perché “Trump è stato silenziato” o, alternativamente, perché “Biden è stato silenziato” (cosa invero più difficile che accada, dacché Biden è espressione diretta del cartello globalfinanziario), pochi rifletteranno sulla gravità di questo nuovo scenario. Taluni, stoltamente, diranno “sono piattaforme private, ergo fanno ciò che vogliono”. Ma il privato non è, spiace doverlo ricordare, lo spazio in cui si fa ciò che si vuole: il privato deve comunque rispondere alla legge e alla Costituzione dello Stato in cui opera (nel vostro negozio, ad esempio, che pure è privato, non potete cacciare chi ha idee non gradite o, supponiamo, chi ha occhi azzurri o pelle nere). A chi debbono rispondere, di grazia, i colossi del web? Solo alla loro volontà e al gusto del sultano digitale di turno (quod placuit principi, habet vigorem legis)? O alla legge dello Stato in cui hanno sede fiscale? O, ancora, alla legge del Paese in cui il fruitore singolo risiede?
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