“Parità per le aziende”. Questo il motto di Giorgia Meloni in Cina, accolta nei giorni scorsi nella Grande sala del Popolo a Pechino, con alle spalle il Tricolore e la bandiera rossa cinese. Un’immagine inedita, che difficilmente si concilia con l’usuale subalternità atlantista del nostro Paese. Non avrete certo dimenticato che, tra le prime mosse del governo della destra bluette neoliberale di Giorgia Meloni, vi era stata la cancellazione della cosiddetta “via della seta”, che aveva avviato un rapporto bilaterale sul piano commerciale e non solo tra Italia e Cina. La mossa ci era apparsa l’apice della più bieca subalternità italiana alle politiche della civiltà del dollaro, che cercano in ogni modo di separare nettamente l’Europa dalla Russia, dalla Cina e da ogni realtà disallineata all’Impero a stelle e strisce. Come sappiamo, Washington vuole separare l’Europa dal resto del mondo per renderla sempre più sottomessa agli USA sotto ogni profilo. Avevamo ampiamente criticato quella scelta, e ora non possiamo che elogiare la nuova apertura alla Cina proposta da Giorgia Meloni. Ci pare infatti della massima importanza che l’Italia si affranchi il prima e il più possibile dal giogo statunitense e cominci a dialogare politicamente e commercialmente con la Cina, oltre che con la Russia e con tutti gli stati disallineati. La rottura del rapporto con la Russia sappiamo bene quanto è costata in termini politici ed economici al nostro Paese, risultando sotto ogni profilo una mossa sciagurata e autolesionistica; mossa che trova il proprio punto di massima espressione nelle infami sanzioni alla Russia di Putin, peraltro il primo caso nella storia di sanzioni che danneggino il sanzionante e non il sanzionato. Come dicevo, non possiamo che accogliere con giubilo questa nuova apertura alla Cina, sperando che presto sia seguita da una analoga apertura alla Russia e agli altri Stati che stanno con difficoltà con zelo provando a costruire un mondo multipolare, sottratto al monopolarismo della civiltà dell’hamburger. Resta da capire che cosa abbia potuto indurre il governo italiano a questa encomiabile quanto sfingica mossa, difficilmente comprensibile. Quale può essere la ratio dell’aver prima interrotto i rapporti con la Cina per poi ora riprenderli attivamente? Una orgogliosa e salutare presa di distanza dal dominio e dalle imposizioni di Washington? O semplicemente la civiltà del dollaro ha lasciato un po’ più lungo il guinzaglio della nostra sventurata Italia, concedendole – bontà sua – di avviare qualche trattativa con la Cina? Difficile da dire, almeno per ora. Sappiamo però che si tratta di una notizia positiva e che l’Italia dovrebbe il più possibile aprirsi al mondo non sottoposto all’impero del dollaro. Parafrasando un intramontabile capolavoro filosofico-politico, da perdere l’Italia ha solo le proprie catene, da guadagnare ha un mondo.

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Di admin