La gendercrazia impiega la lotta contro l’intolleranza e contro l’esclusione come strumento privilegiato per realizzare il proprio specifico programma di intolleranza e di esclusione ai danni di quanti non metabolizzino in modo irriflesso le nuove coordinate dell’ortodossia eroticamente corretta al servizio dell’aziendalizzazione integrale del mondo della vita deeticizzata.

Da questo punto di vista, si potrebbe con buone ragioni sostenere che i gender studies svolgono oggi una funzione analoga a quella svolta un tempo dai missionari. Anch’essi impongono una normalizzazione sessuale che, propalando i nuovi principi dell’eroticamente corretto e del nuovo ordo amoris, non può essere nemmeno dialogicamente discussa, pena l’essere diffamati e silenziati dal “Ministero dell’Amore” di orwelliana memoria.

L’egemonia della gendercrazia risulta rinsaldata dall’occupazione integrale dei mezzi di informazione, dall’istituzione di cattedre universitarie sui gender studies e da finanziamenti copiosi in favore delle ricerche orientate a favorire la prospettiva gender e il nuovo ordine amoroso.

Fondamentalisti impenitenti del libero mercato, i signori plutocratici del globalismo e del big business cosmomercatistico hanno apertamente aderito a questa nuova ideologia, non certo per ergersi a paladini dei diritti umani, verso i quali continuano a nutrire un’ostilità tanto più lampante, quanto più occultata.

La posta in palio, per gli apolidi globalisti neofeudali, non è l’emancipazione universale (usata unicamente come categoria passepartout per tutelare col consenso i propri interessi di classe), bensì la precarizzazione integrale del mondo della vita in ogni sua determinazione (dalla sfera etica ai corpi degli individui), con annessa destrutturazione di ogni forma solida e stabile difforme rispetto al nuovo ordine flessibile delle monadi di consumo a vita integralmente privatizzata costituenti la nuova umanità disumanizzata, transnazionale e transgender.

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Di admin