In Germania partono scioperi a tutta forza da parte dei lavoratori in relazione alla tragica vicenda del settore automobilistico e, segnatamente, della Volkswagen. Come è noto, infatti, il comparto automobilistico, trainante in area teutonica, risulta profondamente in crisi per più motivi. E la Germania stessa sembra ormai entrata in una fase di palese recessione. Ci sia allora consentito svolgere una duplice considerazione sul tema. Anzitutto, segnaliamo senza ambagi che questi scioperi sono sacrosanti: a differenza di quello che sta accadendo in Italia, dove lo sciopero viene utilizzato soltanto in chiave politica per prendere posizione contro il governo (certo criticabilissimo) di Giorgia Meloni, in Germania lo sciopero è di ben altra natura, risultando non solo legittimo ma, di più, sacrosanto. L’abbiamo già detto più volte: dove erano i sindacati italiani quando c’era l’infame tessera verde della discriminazione, che umiliava platealmente il mondo del lavoro? E perché i sindacati indicano ora lo sciopero contro il governo Meloni, che sul piano del lavoro sta facendo le stesse cose sostanzialmente del precedente governo, al cui cospetto però non venivano indetti scioperi? Il governo Meloni è palesemente nemico del lavoro ed è totalmente piegato al neoliberismo: ma non lo era ugualmente il governo dell’euroinomane di Bruxelles Mario Draghi, dal quale Landini si lasciava tranquillamente porre la mano sulla spalla? Sotto questo riguardo, possiamo ben dire che la Germania ci dà una ottima lezione su cosa sia lo sciopero e su quali siano le sue vere motivazioni. Piena vicinanza e piena solidarietà, dunque, ai lavoratori teutonici che ora scioperano. La seconda considerazione che intendo svolgere riguarda invece propriamente la crisi che sta attraversando la Germania. Come sappiamo, la Germania è da sempre la forza trainante dell’Unione Europea: ma cosa accade quando tale forza trainante entra in crisi? Si pongono forse le basi per una crisi generale dell’intera Unione Europea? Bisognerebbe ormai riconoscerlo palesemente e senza infingimenti: l’Unione Europea, vale a dire l’Unione delle classi dominanti europee contro le classi lavoratrici e i ceti medi d’Europa, è un fallimento su tutta la linea. Sul piano economico, grazie al trionfo del fanatismo del libero mercato competitivista, ma poi anche sul piano geopolitico, data la penosa subalternità dell’Europa tutta all’imperialismo della civiltà del dollaro. Quello dell’Unione Europea risulta un fallimento che potrebbe peraltro portare presto al crollo dell’edificio eurocratico. Non per caso, già da tempo in Germania stanno prendendo piede forze che palesemente fanno dell’uscita dall’euro e dall’Unione Europea il proprio ubi consistam.
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