E adesso arriva il green pass globale, su gentile richiesta dell’organizzazione mondiale della sanità. L’Italia fa sapere che per ora non intende aderire. Ma per quanto riuscirà a resistere? Diventa puntualmente vero quello che avevamo paventato fin da quando l’infame tessera verde fece la sua tragica epifania, nell’estate del 2021: come molte altre misure di emergenza, tra cui il lavoro agile, anche l’infame tessera verde diventa la nuova normalità. O, più precisamente, diventa a tutti gli effetti un metodo di governo neo-liberale delle cose e delle persone, more solito giustificato in nome della salute e del benessere pubblico. Le misure prese per l’emergenza sopravvivono all’emergenza stessa: e lasciano dunque sorgere il lecito sospetto che l’emergenza fosse in molti casi solo una buona occasione per renderle attuabili. Secondo quanto avevo provato a mostrare nel mio studio “Golpe globale. Capitalismo terapeutico e grande reset”, l’obiettivo dell’infame tessera verde è solo astrattamente e retoricamente quello di proteggere la salute e di garantire il benessere della collettività. In concreto, l’infame tessera verde svolge altre funzioni, perfettamente coerenti con l’ordine del nuovo capitalismo della sorveglianza e legate a ragioni politiche ben più che medico-scientifiche. Anzitutto, permette al potere neoliberale di far valere una forma di controllo perpetua sui cittadini ridotti al rango di sudditi: il controllo si fa a tal punto capillare da spingersi anche sotto la pelle dei cittadini, i quali sono schedati nei loro movimenti e nelle loro scelte. In secondo luogo, in coerenza con quanto mostrato da Giorgio Agamben, l’infame tessera verde introduce il subdolo dispositivo della libertà autorizzata: si è liberi di lavorare, di frequentare i luoghi pubblici e, in sostanza, di vivere se si esibisce di volta in volta l’infame tessera verde aggiornata secondo le richieste del potere. Chi non abbia l’infame tessera verde in regola, è per ciò stesso discriminato e di più presentato come un nemico della salute pubblica. Con tutta evidenza, una libertà autorizzata e concessa non è più per definizione una libertà: è appunto una concessione del potere che, in quanto tale, può essere all’occorrenza revocata. In tal guisa, inoltre, si generano cittadini di seconda classe, ossia quelli non dotati della infame tessera verde, i quali si vedono eo ipso privati dei loro diritti fondamentali. L’abbiamo già tragicamente sperimentato e non ci stupiamo affatto che il dispositivo, lungi dallo sparire con la fine dell’emergenza, a quest’ultima sopravviva e si consolidi in una forma stabile, in una precisa figura di governamentalità liberale. Con ciò oltretutto emerge limpidamente una verità già sottolineata a suo tempo da Hegel: i liberali menano vanto di essere i difensori della libertà individuale, ma in realtà difendono sempre e solo la libertà del mercato, sul cui altare sono pronti a sacrificare il destino dei singoli esseri umani. La civiltà neoliberale sta comprimendo le libertà individuali in forme tali da fare invidia ai totalitarismi novecenteschi. A tal punto che sorge il legittimo dubbio che anche quello neoliberale sia un totalitarismo, per certi versi ancor più totalitario dei precedenti, in quanto riesce a contrabbandarsi ideologicamente come regno della libertà universale.
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