Domenica scorsa, a Udine, ho avuto l’occasione di confrontarmi socraticamente con il generale Vannacci in un incontro di discussione organizzato dall’infaticabile Marco Belviso, direttore del “Corsaro della Sera”. L’incontro è stato scoppiettante e basato sul confronto tra idee diverse, come è giusto che sia. Il generale sapeva bene che io la penso molto diversamente rispetto a lui e ha accettato serenamente il confronto, rivelandosi persona disponibile al dialogo. Nel mio primo intervento, ho ribadito quel che ho sempre sostenuto: e cioè che, spinozianamente, in una repubblica democratica ogni cittadino deve avere il diritto di dire, scrivere e presentare liberamente le proprie idee. Perché le idee si combattono con le idee, non certo con la censura: il contrario del falso è il vero, non la censura. Chi pretende di impedire al generale di esprimere le proprie idee in nome dell’antifascismo non si accorge che, così facendo, continua la logica stessa del fascismo. Nel mio secondo intervento, ho cercato di spiegare le ragioni del successo a cui Vannacci è andato incontro con il suo libro sul mondo al contrario: se Vannacci è tanto seguito e stimato in termini di pubblico, ciò dipende a mio giudizio non tanto dalle idee da lui espresse quanto da ciò che si è trovato, a torto o ragione, a rappresentare: il mainstream lo ha trasformato in una sorta di mostro, con l’usuale pratica della reductio ad monstrum. Sicché le persone, stufe del mainstream e dell’ordine discorsivo politicamente corretto, hanno da subito preso a seguire con entusiasmo il generale innalzandolo semplicemente ad antitesi del pensiero unico dominante. E lo hanno fatto, ripeto non tanto per le idee da lui espresse quanto per ciò che il mainstream ha deciso di individuare nel Vannacci: il mostro che deve essere silenziato e ostracizzato. Insomma, le persone si sono entusiasmate non tanto a Vannacci in quanto tale, quanto a ciò che il mainstream ha deciso che egli doveva rappresentare, la negazione dell’ordine simbolico dominante. Nel mio terzo intervento ho proceduto poi in questo modo: chiarito che le idee devono liberamente esprimersi, quali che siano, ho provato a prendere in esame le idee espresse da Vannacci, mostrando i punti di divergenza rispetto a ciò che io penso ed evidenziando quali sono i due punti deboli del suo discorso. In sintesi, ho sostenuto quanto segue: è nel vero Vannacci, allorché sostiene che viviamo in un “mondo al contrario”. E però egli omette di evidenziare quali sono i due pilastri del mondo al contrario, dai quali derivano le altre contraddizioni dell’esistente: il capitalismo globalizzato e l’imperialismo statunitense. Se si accettano questi due punti, allora si è parte del mondo al contrario che pure si dice di voler contestare. In risposta, il generale ha apertamente sostenuto una prospettiva liberale, riconoscendo l’importanza del mercato e di fatto negando che esso possa coincidere con il mondo al contrario. Di fatto, egli ha difeso l’idea del trickle down o sgocciolamento: facendo crescere la ricchezza, il mercato lascia sgocciolare verso il basso quote di ricchezza quote di ricchezza. Si tratta di un mantra del pensiero neoliberale, un mantra che però è intrinsecamente falso: se di sgocciolamento vogliamo parlare, nella società capitalistica, allora dobbiamo riconoscere che è in atto uno sgocciolamento tale per cui dai più poveri le gocce di ricchezza salgono verso i piani alti, poiché il capitalismo sta strutturalmente impoverendo la base per arricchire il vertice, come peraltro dimostrato scientificamente da quanto accaduto con la crisi economica del 2007 e con il salvataggio delle banche con i soldi dei cittadini. Ho fatto pacatamente notare al generale che non vi è nulla di più contraddittorio e “al contrario” di un mondo – quello del libero mercato deregolamentato – in cui le banche possono portare via la casa ai cittadini o in cui le persone malate non vengono curate se non hanno l’equivalente monetario per pagare la prestazione (ciò che puntualmente accade in America, tempio del libero mercato). Per quel che riguarda la questione dell’imperialismo, il generale ha evitato di affrontare la questione, come in effetti non poteva che essere, dato il suo ruolo di ex-generale della NATO. Per parte mia, ho difeso le ragioni dell’anti-imperialismo e della ricerca di un mondo multipolare sottratto al monopolarismo di Washington. In sostanza, la mia posizione – socialista e anti-imperialista – è decisamente diversa da quella del generale, liberale e favorevole all’ordine mondiale atlantista. Ma questo non ci ha impedito di dialogare socraticamente, nel rispetto delle differenti vedute. Credo che dopo tutto sia stata una bella lezione per gli alfieri del pensiero unico dominante, i quali al dialogo preferiscono la censura, al dibattito l’ostracizzazione, al confronto delle idee la loro soppressione.
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