I Brics continuano a crescere di numero e ora sono davvero pronti a sfidare il G7. Sicché la geopolitica mondiale ha un nuovo protagonista di tutto rispetto. Il gruppo dei Brics è nato nel 2009, all’indomani della tremenda crisi finanziaria, con Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. E dal 2024 ha accolto quattro nuovi membri: Egitto, Etiopia, Iran ed Emirati Arabi Uniti. Come sottolinea il rapporto del Servizio ricerca del Parlamento europeo (Eprs), è il primo allargamento in 13 anni di storia del gruppo; gruppo che ora rappresenta 3,27 miliardi di persone, vale a dire il 41,13% della popolazione mondiale. Insomma, il fabula docet è che il mondo non sottomesso all’occidente anzi all’uccidente liberal-atlantista si sta con solerzia organizzando per propiziare la genesi di un mondo multipolare, sottratto al dominio della civiltà del dollaro e del suo imperialismo efferato. I Brics potrebbero anche essere intesi ragionevolmente come una internazionale degli Stati sovrani che resistono e che, per una via o per un’altra, nonostante le differenze radicali che li rendono reciprocamente inassimilabili, sono giunti all’esigenza di fare un fronte comune contro la barbarie a stelle e strisce che, per un verso, celebra gli Stati Uniti d’America come l’unica nazione indispensabile (parola di Bill Clinton) e che, per un altro verso, conseguentemente, pretende di imporre il modello americano al mondo intero, facendo della globalizzazione una anglobalizzazione, spesso imposta con bombe intelligenti, missili democratici e imperialismo etico. Proprio così, la sempre celebrata dal logo dominante “globalizzazione” andrebbe meglio inquadrata come americanizzazione coatta dell’intero pianeta. E a detta americanizzazione stanno già da anni provando a resistere i Brics, tra i cui obiettivi fondamentali vi è non soltanto l’esigenza di rimanere liberi dall’imperialismo di Washington, ma anche quella di produrre la dedolarizzazione, ossia l’affrancamento dalla sottomissione alla moneta statunitense. La salvezza, se vogliamo scomodare questa categoria teologica, non giungerà certo da Washington, come taluni scioccamente ritengono riponendo le loro speranze in Donald Trump, che è a tutti gli effetti una anomalia del sistema liberista di cui comunque è parte: la salvezza, se mai vi sarà, giungerà proprio dai brics e dall’oriente (ex Oriente lux). Se l’occidente, come infinite volte la filosofia ha sottolineato, da Spengler a Heidegger, è la terra dell’occaso, ebbene perché non intendere oggi l’oriente come la terra del possibile albeggiare di un nuovo mondo?
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