L’anno che si è da poco concluso è stato un anno belligerante, se vogliamo darne una definizione icastica. Il fronte ucraino e quello palestinese hanno, per così dire, dominato gli eventi dell’anno appena trascorso. E hanno mostrato in modo chiarissimo che il conflitto in realtà è di ordine mondiale e vede contrapposti i due fronti dell’occidente o, meglio, dell’uccidente liberal-atlantista e dei paesi disallineati rispetto al Washington consensus. Difficile dire se il 2025 appena principiato potrà cambiare il diagramma dei rapporti di forza e l’ordine delle cose. Lo speriamo vivamente, ma la speranza da sola non basta. Quando, nel suo discorso di fine anno, il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, ha evocato la pace che “grida la sua urgenza” ha detto indubbiamente una cosa vera, ma con il timbro di quella che Hegel chiamava l’anima bella. Come è noto, la pace non si ottiene evocandola retoricamente, ma con azioni concrete e conseguenti. A che titolo la nostra Italia può evocare la pace, quando continua a mandare armi al guitto di Kiev e a non prendere seriamente posizione sul genocidio in atto a Gaza? La pace si ottiene non con vacui proclami, ma con la forza dei rapporti di equilibrio, ciò che può essere concretamente raggiunto solo grazie all’operare di quei paesi disallineati che, unendosi, potranno costringere l’uccidente a desistere dalle sue manie imperialistiche e dalla sua libido dominandi. Per inciso, il 2025 si apre anche con l’allargamento del fronte dei brics, al quale ha aderito anche Cuba. E questa è indubbiamente un’ottima notizia, alla luce di quanto detto poc’anzi. Sempre nel suo discorso di fine anno, il presidente Mattarella ha esortato gli italiani a tornare al voto. Anche in questo caso, abbiamo un nobile proclama, degno però dell’anima bella di hegeliana memoria. Più che esortare retoricamente gli italiani a tornare al voto, bisognerebbe seriamente ragionare sul perché essi già da tempo si siano disaffezionati alla politica e consegnati all’astensionismo: in effetti, che senso ha votare per partiti che rispecchiano tutti egualmente la medesima visione del mondo, incardinata sul neoliberismo e sull’atlantismo imperiale? Che senso ha scegliere, quando le possibilità di scelta sono fintamente plurali e segretamente esprimenti il medesimo? La nostra speranza per il 2025 riguarda dunque anzitutto il potenziamento del fronte dei paesi disallineati come via per raggiungere un nuovo equilibrio mondiale, sottratto all’imperialismo di Washington.
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