Nel tempo della ratio divenuta autorità irrazionale, l’inferno non sono gli altri, secondo il teorema di Sartre (l’enfer, c’est les autres): sono, semmai, gli insensati rapporti con gli altri, determinati dal modo reificato della produzione. Un semplice esempio può giovare a una comprensione di questo plesso teorico: immaginiamo una comunità collocata nei pressi di un lago pescoso. Essa si autoregola, in modo da non pescare più pesce rispetto a quello che si rigenera. In tal modo, la comunità può garantirsi una forma di alimentazione stabile e sicura, instaurando un equilibrio tra i suoi membri e con l’ambiente. È quanto accaduto per secoli nelle forme precapitalistiche di produzione. Immaginiamo ora che il lago venga privatizzato e passi sotto il controllo di un gruppo di “investitori stranieri”. Per il tramite della privatizzazione e della liberalizzazione (e anche in virtù del disinteresse verso le sorti di una comunità e di un ambiente che non sono i propri), gli investitori esteri scatenano la competizione per la cattura e la vendita di quanto più pesce è possibile. Depredano il territorio e, infine, lo distruggono, privando il lago dei pesci e delle specificità che garantivano in precedenza l’equilibrio della comunità. A questo punto, i cinici investitori apolidi si sposteranno presso un nuovo lago per ripetere la medesima operazione. È questa, in effetti, la tendenza fondamentale del capitalismo finanziarizzato, anche in ciò simile al cancro: esso depreda e annienta il territorio che lo ospita, per poi spostarsi verso nuove aree a cui riservare il medesimo trattamento. Ciò, oltretutto, spiega anche come le devastazioni ambientali che il turbocapitale produce a propria immagine e somiglianza non possano essere risolte conservandone la logica predatoria e semplicemente riverniciando di verde la facciata della struttura, come pretende di fare la green economy (dove il verde, ça va sans dire, è quello dei dollari e non dell’ambiente). La vera cura dell’ambiente presuppone l’oltrepassamento del modello capitalistico e del suo sguardo predatorio sull’essente. Nel quadro del capitalismo speculativo post-nazionale, le bad companies traslano i costi verso la collettività e riversano il patrimonio aziendale in nuove compagnie che vengono prontamente privatizzate. Come è noto, nella sua fase aurorale, il capitale si costituì sul fondamento dell’“accumulazione originaria”, delineata nel capitolo XXIV del primo libro del Capitale. Il nuovo capitalismo assoluto-totalitario sta ora conoscendo una sorta di seconda accumulazione originaria, di matrice finanziaria.

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