Si fa un gran discutere in questi giorni della questione delle tasse. La sinistra neoliberale attacca la destra neoliberale, sostenendo che quest’ultima legittima l’evasione fiscale. Come spesso accade, si tratta di un dibattito alquanto tedioso, che scientificamente evita di toccare la questione fondamentale: oggi la plutocrazia neoliberale del big business multinazionale e apolide paga tasse irrisorie, non di rado evadendo a norma di legge. Si può facilmente documentare come, con la vittoria del neoliberismo soprattutto a partire dagli anni ottanta, si sia prodotto uno sciagurato risultato, che è sotto gli occhi di tutti: i grandi signori del capitale no border hanno visto gradualmente ridursi il carico fiscale, a fronte del fatto che esso è venuto aumentando per il mondo del lavoro, sia pubblico, sia privato, sia dipendente, sia autonomo. Vi pare normale, giusto per fare un esempio, che a un dipendente di un noto colosso e-commerce vengano trattenute sul salario percentuali pari anche al 40% di tasse e poi detto colosso e-commerce multimilionario paghi a norma di legge il 3% di tasse? La soluzione per risolvere la questione sarebbe molto semplice: colpire duramente con le tasse il grande capitale multinazionale e finanziario di quelli che Federico Caffè chiamava gli “incappucciati della finanza”. Avrete forse sentito parlare qualche volta della Tobin Tax, la proposta di tassa per le transazioni finanziarie speculative: ovviamente mai divenuta operativa, per la ovvia resistenza delle lobby finanziarie. Il dibattito tra la destra neoliberale e la sinistra neoliberale è falso in partenza, proprio perché elude questo problema. La destra propone direttamente la flat tax, ossia la tassazione uguale per tutti, senza mai naturalmente proporre di andare a toccare i profitti delle banche e del grande capitale multinazionale (che anzi fin dagli anni ottanta con la deregolamentazione supporta sfacciatamente). La sinistra neoliberale, per parte sua, vuole colpire con maggiori tassazioni il mondo del lavoro autonomo, favorendo lo scontro di classe nella medesima classe tra autonomi e pubblici, tra partite IVA e salariati: l’ennesima variante orizzontale della lotta di classe tra gli ultimi, che va tutta a beneficio, come sempre, dei primi. I quali, lassù nell’olimpo della finanza e della speculazione, continuano indisturbati a fare profitto senza essere tassati. La sinistrash vuol far credere al lavoro pubblico che il nemico di classe sia il lavoro privato, fingendo che il grande capitale finanziario e multinazionale nemmeno esista: come a dire “cari impiegati del pubblico impiego, il vostro nemico è il falegname di Bolzano o il commerciante di Torino, mica il grande capitale finanziario o i colossi e-commerce”. Avete mai sentito un politico di destra o di sinistra dire l’ovvietà per cui bisognerebbe, anziché tassare il lavoro, tassare il grande capitale e la rendita finanziaria, le speculazioni della borsa e i colossi e-commerce? Ovviamente no. E il perché mi sembra anche abbastanza ovvio: i politici della destra e della sinistra, cioè delle due articolazioni del Partito Unico del capitale fintamente pluralistico, sono come maggiordomi con la livrea di colore diverso che prendono ordini del padronato cosmopolitico. E tra questi ordini ovviamente i padroni non contemplano certo la possibilità di fare sì che la politica aumenti le tasse a loro nocumento. Vi fanno credere che l’evasione siano solo il bottegaio di Cuneo che non vi fa lo scontrino o il panettiere di Benevento che prova a trattenere per sé una “fetta della torta” che dovrebbe consegnare allo Stato: silenzio tombale sui paradisi fiscali del grande capitale e sull’evasione a norma di legge dei colossi e-commerce, quasi come se fosse la cosa più normale di questo mondo. Una volta di più, destra e sinistra non sono la soluzione ma il problema, nella fattispecie l’espressione dell’oligarchia finanziaria plebiscitaria detta impropriamente democrazia. È chiaro come il sole che la prima cosa da fare dovrebbe essere abbassare la tassazione sul mondo del lavoro, sia pubblico, sia privato, sia autonomo, sia salariato, aumentandola severamente al grande capitale finanziario e multinazionale. Bisognerebbe d’altro canto capire che il conflitto oggi non è tra salariati e autonomi, tra partite IVA e pubblico impiego: è al contrario tra tutte queste categorie, da una parte (cioè in basso), e il grande capitale finanziario multinazionale, dall’altra (cioè in alto).
(Visualizzazioni 27 > oggi 1)