Continua indefessamente e a tambur battente la propaganda liberal-progressista del Festival di Sanremo. Che si conferma fucina di produzione e diffusione degli schemi del pensiero unico di completamento dei rapporti di forza della globalizzazione neoliberale. Così deve essere letto anche il triste monologo della comica Teresa Mannino, la quale – lungi dal far ridere, come sarebbe suo ufficio fare – ha tediato il pubblico con le solite geremiadi contro l’uomo bianco. Ha altresì spiegato che nel mondo animale, in molti casi, il maschio è irrilevante. La tesi dell’uomo bianco colpevole per definizione è una assurdità, dacché finisce per produrre deresponsabilizzazione, lasciando credere che tutti gli uomini bianchi siano colpevoli per definizione e per essenza. La lotta di classe viene nascosta così dietro la lotta di genere, dimenticando una banale ovvietà: in ogni società, dai sumeri a oggi, una donna delle classi dominanti ha più potere di un uomo delle classi dominate. Oltretutto, la signora Mannino è scaduta in una forma di maschilismo di segno opposto: ma ugualmente esecrabile, sia chiaro. Il giusto femminismo è quello che rivendica la pari dignità di uomini e donne, il femminismo deviato proposto dalla Mannino è quello che rivendica la superiorità della donna sull’uomo: e in questo modo precipita appunto in un maschilismo di segno opposto. Proprio come un cubo rovesciato resta pur sempre un cubo, analogamente rivendicare la superiorità della donna sull’uomo riproduce gli stessi erramenti del maschilismo, solo invertendo le posizioni tra uomini e donne. Insomma, il trionfo del pensiero unico, che poi a rigore pensiero neppure è.
(Visualizzazioni 59 > oggi 1)