Molti partiti in lizza per queste elezioni europee dicono di voler mettere al centro del loro programma politico la difesa delle identità. Programma di per sé nobilissimo, che però, per le ragioni che subito chiarirò, dette forze politiche non sono strutturalmente in grado di mettere in atto. Di più, esse sono tutte, senza eccezione alcuna, strutturalmente impossibilitate a mantenere le loro promesse. E vi dirò subito per quali ragioni. La causa primissima della odierna distruzione delle identità, della quale mi sono occupato nel mio libro “Difendere chi siamo”, deve essere ravvisata nell’integralismo del libero mercato: esso decostruisce le identità, affinché tutto diventi merce. Le identità, infatti, sono baluardi di sovranità culturale che resistono al movimento nichilistico di mercificazione integrale delle menti e dei corpi. La realtà del turbocapitalismo produce la disidentificazione integrale, imponendo un’unica identità, quella del consumatore apolide e anglofono, corredato di identità fittizie che, rigorosamente in tinta arcobaleno, risultano pienamente funzionali al consumo e allo scambio di merci. Come non mi stanco di ribadire, il sistema del fanatismo economico si regge sulla ideologia del medesimo, dacché aspira sempre e ovunque a vedere il medesimo, vale a dire consumatori sradicati e realtà mercificate. Chi dice di voler difendere l’identità e poi accetta il fanatismo del libero mercato si trova nella condizione paradossale – per non dire stolta – di chi combatte gli effetti, coltivando le cause. E questa è la situazione dei molteplici partiti e partitini che oggi sventolano con giubilo e baldanza il vessillo della difesa identitaria, accettando al tempo stesso il fanatismo del mercato concorrenziale. L’origine di questa tendenza si può ragionevolmente trovare nelle politiche di Margaret Thatcher, la quale appunto diceva di voler difendere l’identità nell’atto stesso con cui promuoveva in ogni modo a piè sospinto i processi turbocapitalistici di liberalizzazione e di privatizzazione. Ella non si accorgeva (come oggi i partitini fintamente identitari non si accorgono) del fatto che era la sua stessa politica ultramercatista a favorire quella dissoluzione dell’identità che pure diceva di voler contrastare.
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