Si parla a tambur battente di fascismo alle porte. Si ripete ossessivamente che il fascismo è oggi il vero nemico. Ecco, diciamolo: talvolta, l’ordine simbolico dominante viene rinsaldato mediante la conservazione di dicotomie oppositive estinte da tempo. È ciò che accade con l’odierno antifascismo liturgico in assenza completa di fascismo. Giusto ai tempi di Gramsci e Gobetti, e cioè quando il fascismo era in vita, l’odierno antifascismo a più di settant’anni dalla fine dei nazifascismi diventa una funzione espressiva del pensiero unico politicamente corretto legittimante il nesso di forza capitalistico. Magari – chissà – eleggendo il partito governativo a nuovo sacro fronte dell’antifascismo. Il fanatismo economico, per un verso, fonda sull’antifascismo permanente la critica di tutte le dittature passate, presenti e future, legittimando in tal maniera il regno neoliberale come il solo “libero” e non dittatoriale: così si spiega, per inciso, il fermo rifiuto che della liturgia antifascista seppe operare, da una prospettiva marxista, Amadeo Bordiga, intuendo con lungimiranza il nesso simbiotico tra antifascismo e liberalismo. E, per un altro verso, l’odierno antifascismo in assenza di fascismo disloca il conflitto e la passione della critica dirottandoli dalla contraddizione presente (il nesso di forza capitalistico) a quella estinta (il fascismo). In tal maniera, offre un alibi ai tanti fustigatori di un presente cui sono segretamente organici per non opporsi al fanatismo economico. Permette loro di combattere un nemico già sepolto, accettando placidamente quello in forze, di opporsi al manganello passato accettando in silenzio quello invisibile dell’economia (ingiustizia sociale, disoccupazione, miseria, privatizzazioni selvagge e deregolamentazione del lavoro). Così si spiega, per inciso, l’odierna riconciliazione integrale delle sinistre con il capitalismo: il nemico per esse è sempre e solo l’eterno fascismo, in realtà morto e sepolto più di settant’anni fa. Accade così che, in una delle molteplici scene di ordinaria postmodernità, mentre i giovani antifascisti in assenza di fascismo si scontrano sulle piazze con i giovani anticomunisti in assenza di comunismo, il capitale, i re della finanza e i signori del globalismo non smettono di realizzare indisturbati le loro politiche, senza che alcun dissenso si levi contro le loro operazioni irresponsabili. A cavallo tra il tragico e il comico, questo scenario richiama alla memoria, nei suoi tratti essenziali, la pratica dei “due minuti d’odio” tratteggiata da Orwell nelle pagine di 1984. In nome della lotta al fascismo (che non c’è più), la new left liberal e antimarxista può accettare con ebete euforia il capitalismo: il quale, nemmeno a dirlo, c’è ancora, armato di manganelli invisibili che quotidianamente percuotono lavoratori e giovani, disoccupati e indebitati di tutto il mondo.
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