Il «globalitarismo», ossia il totalitarismo glamour della mondializzazione capitalistica, aspira a destrutturare le identità tanto dei popoli, quanto degli individui. Procede mediante la prassi dell’inclusione neutralizzante, ossia «inglobalizzando» i popoli, inghiottendoli nel baratro del nichilismo mondialista. Quest’ultimo, spesso per vie esplicitamente violente, impone ai popoli la loro ridefinizione neutra in termini di aggregati atomistici di individui senza identità che non sia quella globale del consumo e dello scambio di merci. Il globalismo del mercato avversa palesemente le identità, ossia ogni estrinsecazione visiva, culturale e simbolica di una vita collettiva radicata in una cultura nazionale-popolare storica. In nome dei popoli plurali, dotati di storie e di culture, il ritmo livellante della mondializzazione capitalistica genera, con le sintassi di Heidegger, il «Si» (man) planetario, l’indistinto universale, l’indifferenziato su scala globale: un unico popolo sradicato, un’unica visione del mondo, un’unica cultura deculturalizzata, un’unica prospettiva aprospettica. Tale è l’essenza della nuova plebe policroma post-identitaria globalizzata. Il turbomondialismo sussume l’umanità intera sotto la forma merce e, dunque, ridefinisce l’uomo – ogni singolo uomo – come mero consumatore sradicato e anglofono, senza simboli e religione, senza storia e prospettiva, senza cultura e senza radici. In ciò risiede l’essenza del nuovo profilo soggettivo post-identitario o, se si preferisce, a identità decostruita: i cui tratti peculiari diventano la frammentazione, l’assenza di memoria e di prospettiva, la saturazione, la mancanza di centro. Permanentemente aperto alla negoziazione e al mutamento, il sé prende a essere inteso come mero costrutto, come semplice frutto di accordi, di convenzioni e di esigenze dettate dal momento. Gli alfieri del verbo multiculturale della monocultura del capitalismo assoluto convincono le plebi in fase di pauperizzazione materiale e di postmodernizzazione immateriale circa il carattere progressivo dell’abbandono di ogni identità, per favorirne la sussunzione integrale sotto il nuovo ordine mondialista. Per portare a compimento l’annichilimento delle identità, i padroni del discorso impongono con ogni mezzo di comunicazione disponibile quello che potremmo definire come il teorema anti-identitario: fondativo dell’antropologia mondialista, esso si basa sul presupposto fallace secondo cui essere se stessi significa non rispettare l’altro e, di più, aggredirlo. Sicché – questa la sillogistica conseguenza – occorre cessare di essere se stessi, affrancandosi dalla propria identità e aprendosi incondizionatamente all’altro.
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