Secondo un processo avviatosi nel Sessantotto e giunto a compimento nel regno del capitalismo assoluto post 1989, la figura del padre viene sempre più delegittimata come intrinsecamente sessista, paternalistica e autoritaria, di modo che si disegni senza ostacoli il nuovo paesaggio della società senza padri e, dunque, senza leggi in grado di disciplinare l’illimitato desiderio narcisistico per gli atomi concorrenziali, disinibiti e variamente trasgressivi della civiltà dei consumi generalizzata. Variando la nota formula con cui Heidegger, nella “Lettera sull’umanismo”, ammoniva circa l’assenza di patria come destino universale, potremmo sostenere, in termini analoghi, che l’assenza di padre diventa anch’essa un destino universale. È per questa ragione che, nel quadro dell’atomistica liberale, il pensiero hegeliano si rivela dissonante rispetto al presente, nella misura in cui teorizza la stabilità professionale e quella affettiva di tipo familiare come fondamento dell’eticità. Il capitalismo assoluto mira a dissolverle entrambe e, per ciò stesso, a congedare senza riserve il sistema “sittlich”, “etico”, di Hegel, emblema di un cosmo borghese non ancora sussunto en bloc sotto il capitale. Sul piano simbolico, dal Sessantotto a oggi, come si è evidenziato nel nostro “Minima mercatalia. Filosofia e capitalismo” (2012), la deeticizzazione avviene, con la grammatica di Freud, per il tramite della disgregazione del Super io paterno rimpiazzato dall’Es del desiderio consumistico senza inibizioni, e, con una sintassi liberamente mutuata da Marx, mediante la messa in congedo tanto della coscienza oppositiva proletaria, quanto della coscienza infelice borghese e della sua dimensione etica.
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