La senatrice Liliana Segre è tornata a discutere di una questione particolarmente controversa, sulla quale peraltro era già intervenuta in maniera non particolarmente condivisibile. E adesso ripete la sua tesi, che a noi continua ad apparire come strampalata: a Gaza si stanno verificando crimini molto gravi, ma non si può in alcun caso parlare di genocidio. Questa, in estrema sintesi, la tesi sostenuta dalla senatrice Liliana Segre. Ci pare una tesi massimamente fuorviante, che merita di essere criticata, naturalmente – lo ribadiamo a scanso di equivoci – nel rispetto della figura di Liliana Segre e di quello che rappresenta. Ho fatto questa precisazione, perché ormai, nel tempo della confusione e dell’ideologia, della mistificazione e della propaganda, criticare pacatamente e serenamente le posizioni della senatrice Liliana Segre viene troppo spesso liquidato come gesto inammissibile e come gesto di odio, quando in realtà la libera discussione critica dovrebbe essere il sale di ogni democrazia fondata sull’agire comunicativo. Ebbene, proprio perché rispettiamo Liliana Segre, riteniamo doveroso criticare le tesi da lei sostenute che, in questo caso, non condividiamo. A cosa serve, di preciso, nel contesto, dire che ciò che sta accadendo a Gaza è un crimine grave ma non un genocidio? Forse che, domandiamo socraticamente alla senatrice Segre, dire che è un crimine grave ma non un genocidio serve in qualche modo a ridimensionare la gravità dell’accaduto? E che differenza vi sarebbe, nel caso specifico, tra crimini molto gravi e genocidio, stante il fatto che la popolazione di Gaza è palesemente oggetto di un vero e proprio massacro programmato da parte delle politiche imperialistiche di Netanyahu? Perché mai bisogna negare il titolo di genocidio a queste politiche criminali che stanno massacrando la popolazione di Gaza, in maniera scientifica e programmata, senza distinguere tra donne, anziani, bambini. Il discorso di Liliana Segre appare chiarissimo, in verità: a suo giudizio il termine genocidio si può utilizzare solo in relazione all’orrore della Shoah, riconoscendone in qualche modo l’unicità. Ora, che quello della Shoah possa e debba essere inteso come un genocidio appare evidente: ma questo non mi pare che autorizzi a negare il carattere di genocidio a un evento drammatico come quello che sta coinvolgendo la popolazione di Gaza. Proprio perché abbiamo appreso dalla dura lezione della Shoah cos’è un genocidio, non possiamo nascondere la testa sotto la sabbia come fa lo struzzo e negare che quello che sta accadendo a Gaza sia anch’esso un genocidio. Il dovere della memoria storica, ricordava Adorno, sta nell’apprendere dal passato per evitare di ripeterne gli errori e gli orrori e, all’occorrenza, per combatterli (non certo per giustificarli), qualora si ripresentino nella storia. Ora, proprio perché abbiamo appreso la dolorosa lezione dal Novecento e proprio perché non abbiamo dimenticato e mai dimenticheremo l’orrore della Shoah, non possiamo non riconoscere che quello che sta avvenendo a Gaza è a tutti gli effetti un atroce genocidio, che abbiamo il dovere di denunciare e combattere. E allora torniamo a chiedere: a che serve specificare che quello che sta avvenendo a Gaza è grave ma non è un genocidio? Perché ridimensionare la gravità di quel che sta accadendo a Gaza? Perché tanta reticenza nell’utilizzare il termine genocidio in relazione a un massacro che difficilmente può essere definito altrimenti? Ci spiacerebbe davvero molto dover ammettere ancora una volta che tutto quello che apprende l’umanità dalla storia è che l’umanità non apprende mai nulla dalla storia, come rilevava Hegel. E che dunque la storia insegna ma non ha scolari, con la conseguenza tragica per cui siamo condannati a riviverne gli errori e gli orrori.
(Visualizzazioni 16 > oggi 1)