Nel Discorso sul metodo, Cartesio ritiene di aver scongiurato l’ipotesi che gli uomini che mi circondano siano automi, spiegando che un automa che fosse imitazione, per quanto perfetta, di un essere umano sarebbe comunque distinto dall’essere umano per due motivi: in primo luogo, perché l’uomo soltanto dispone del linguaggio; in secondo luogo, poiché nell’agire umano si riscontra la stessa varietà e disponibilità del linguaggio al variare delle situazioni. Sono i due stessi argomenti impiegati per dimostrare che gli animali sono privi del lumen naturale: “con questi due stessi mezzi, si può anche riconoscere la differenza che vi è tra gli uomini e le bestie” (AT, VI, 57). Ma questo argomento, forse accettabile al tempo di Cartesio, può davvero considerarsi valido nell’evo della Tecnica e dell’“intelligenza artificiale”?

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