Socrate

In occasione della recente celebrazione della giornata della memoria, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha spiegato solennemente, senza peraltro fare un solo cenno a quel che sta accadendo a Gaza, che il nazifascismo è una “tentazione che torna”. Abbiamo ancora una volta l’epifania del logoro ritornello dell’antifascismo in assenza di fascismo, funzionale alla tenuta dell’ordine neoliberale. L’abbiamo ripetuto più volte e lo sottolineiamo anche ora: l’antifascismo in presenza di fascismo, come fu quello di Gramsci, era doveroso ed eroico. Ma qual è la funzione dell’odierno antifascismo in assenza di fascismo, del tutto inaccostabile al nobile antifascismo di Gramsci? A nostro giudizio, l’antifascismo in assenza di fascismo figura oggi come una patetica fiction volta sostanzialmente a puntellare ideologicamente e a santificare la società della violenza economica dei mercati. Svolge una parte sostanzialmente apotropaica, poiché dirotta lo sguardo rispetto alla contraddizione principale, lasciando intendere che la società così com’è sia in sé giusta e buona, da difendere rispetto al ritorno del fascismo, a sua volta identificato propagandisticamente con ogni anelito di trasformazione della società data. Inutile sottolineare che oggi la violenza subita da giovani e lavoratori non sia più quella del manganello fascista, per fortuna morto e sepolto da diversi decenni, ma quella del libero mercato concorrenziale e della competitività planetaria, che va riducendo ogni giorno le condizioni di vita e di lavoro delle masse popolari, esercitando su di esse una violenza inaudita. L’unico senso che potrebbe avere iggi l’antifascismo sarebbe quello di determinarsi come anti-capitalismo, ma è esattamente quello che non avviene, dato che, in maniera contraria, l’antifascismo viene utilizzato come alibi per giustificare il capitalismo stesso nella sua forma finanziaria e precarizzante. Proprio così, l’antifascismo in assenza di fascismo permette alla massima parte delle forze politiche di non dover essere anti-capitaliste in presenza di capitalismo e anzi di farsi paladine del capitalismo stesso, mutato ideologicamente in società democratica che deve essere difesa appunto dal ritorno del fascismo per fortuna completamente estinto. Il paradosso oltretutto sta nel fatto che viene santificata come progressista e democratica la posizione di chi difende la società della asimmetria capitalistica, celebrata come non plus ultra della democrazia, e viene viceversa demonizzata come fascista la posizione di chiunque aspiri a superare il capitalismo (gli stessi Marx e Lenin, se tornassero in vita, sarebbero oggi additati come fascisti dall’ordine discorsivo dominante). Il capitalismo, che un tempo si servì del fascismo, oggi non ne ha più alcun bisogno e può utilizzarne la memoria come clava ideologica per giustificare se stesso nella sua nuova fase deregolamentata e finanziaria, anarchica e postmoderna.

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