Questo un passaggio tratto da un recente discorso di Mélenchon, la vera sorpresa delle elezioni francesi: “quella di dividere il popolo è una strategia vecchia quanto il potere, nella quale non dobbiamo e non possiamo cadere. Perché il popolo non è una razza, una etnia, una lingua, un colore della pelle. Il popolo nasce da un contratto tra donne e uomini liberi.” Di Mélenchon condividiamo l’opposizione al liberismo e all’atlantismo, nonché il supporto al popolo palestinese. Ottima la sua battaglia contro la riforma pensionistica ultraliberista di Macron, e ottima altresì la sua recente dichiarazione secondo cui bisogna riconoscere il prima possibile lo Stato palestinese. Ma torniamo al discorso di Mélenchon poc’anzi menzionato. Egli ha indubbiamente ragione nell’evidenziare che il potere neoliberale si basa sulla vecchia strategia della divisione orizzontale degli ultimi, in modo da garantire il dominio dei primi. Tutto vero, peccato che lo stesso Mélenchon sia più volte purtroppo ricaduto in questa strategia cara al potere, aderendo al fronte dell’antifascismo in assenza di fascismo, e dunque spaccando il blocco unitario del basso contro l’alto, del popolo contro il patriziato cosmopolita che si riferisce a Macron. Bene fa Mélenchon a riferirsi al popolo come protagonista della democrazia e, insieme, come grande rimosso dell’ordine neo-liberale. Bisognerebbe però pacatamente spiegare a Mélenchon che – come bene sapeva Hegel – l’idea del popolo come “contratto” è sic et simpliciter una aberrazione, figlia dell’ordine capitalistico e della sua mania di ridurre ogni legame al contratto mercantile. L’erramento del pensare il popolo e lo Stato come esito di un contratto è duplice: per un verso, si muove da una antropologia di tipo individualistico, che pensa che in origine vi siano solo atomi sociali che poi si aggregano in maniera pattizia (il contratto, appunto). In tal guisa, il popolo e lo Stato diventano qualcosa di derivato e secondario rispetto agli individui intesi come soggetti prioritari. È l’erramento della modernità contrattualistica, come sottolineato da Hegel. In secondo luogo, come già ricordavo, si assume il modello del contratto privato come paradigma universale, alla cui luce leggere anche la categoria del popolo e quella dello Stato, come se appunto fossero l’esito di contratti privati tra individui possessori. Contrariamente a quel che sembra pensare Mélenchon, il popolo è invece l’unità comunitaria vivente di esseri umani che parlano la medesima lingua, condividono una cultura e un mondo valoriale, sono uniti da una identità. Il popolo non è l’esito di un contratto, ma è una realtà originaria, a tal punto che si può bene utilizzare l’espressione cara a Hegel di spirito del popolo, Volksgeist.

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