Libri di Diego Fusaro

Nel corso di una delle ultime puntate di “Che tempo che fa”, il noto e proverbialmente pluralistico salotto catodico di Fabio Fazio, è intervenuto, puntualmente senza alcun contraddittorio, il bardo del pensiero unico politicamente e bellicamente corretto, Michele Serra. Il quale, come sappiamo, è stato il principale promotore della demenziale Piazza per l’Europa, in cui l’adunata oceanica delle masse lobotomizzate o, meglio, logotomizzate invocava il riarmo europeo cantando orwellianamente “bella ciao”. Ebbene, nel corso della puntata del pluralistico salotto di Fabio Fazio, così ha dichiarato testualmente Michele Serra, firma di punta del rotocalco turbomondialista e voce del padronato cosmopolitico “La Repubblica”: “Un po’ di paura secondo me è un ingrediente necessario in questo momento”. Secondo Michele Serra, dunque, ci vuole la paura: e a cosa serve la paura di preciso? Non è difficile capirlo, soprattutto dopo il 2020: la paura permette ai gruppi dominanti di amministrare docilmente il parco umano terrorizzato e, quindi, disposto ad accettare in silenzio ogni provvedimento, a patto che venga presentato e nobilitato come funzionale alla sicurezza di tutti. La fobopolitica, come l’avevamo definita nel nostro studio “Golpe globale”, è l’ingrediente fondamentale, per dirla con Michele Serra, che permette alle classi capitalistiche transnazionali di far valere le loro politiche classiste presentandole come se fossero necessità sistemiche volte a garantire la sicurezza nel tempo dell’emergenza, poco conta se epidemica o bellica, climatica o energetica. Il potere utilizza da sempre le due leve del divertimento e della paura per amministrare i sudditi, inducendoli ad accettare con ebete euforia o con depressiva rassegnazione le misure poste in essere dal potere stesso. Il soggetto terrorizzato, per definizione, si sente fragile e indifeso, rivelandosi eo ipso disposto a ogni tipo di governo pastorale che proponga soluzioni atte a garantirgli la sopravvivenza nel quadro dell’emergenza dilagante. Naturalmente, perché lo schema di pensiero possa funzionare a pieno regime, occorre che l’emergenza venga artatamente amplificata dagli schermi e dalle pagine dei giornali, di modo che cresca smisuratamente il terrore dei sudditi e le politiche emergenziali possano essere attuate senza incontrare alcuna forma di resistenza: shock economy, l’ha chiamata in un suo importante studio Naomi Klein. E questa economia dello shock presuppone sempre i due ingredienti fondamentali della paura e dell’emergenza, di modo che ciò che nella normalità è inaccettabile divenga con l’emergenza e con la paura inevitabile. Nulla di nuovo sotto il sole, per noi che abbiamo attraversato la crisi emergenziale del 2020. Un dejavù di bassa lega, tutt’al più.