Avremo un CCF (Certificato di Compensazione Fiscale) con l’effige di Mario Draghi? Questo ancora no, ma con la sua firma magari sì. Questa ardita tesi non è certo del sottoscritto, bensì di due dei massimi sostenitori della cosiddetta “moneta fiscale“, che l’hanno resa di pubblico dominio con un loro articolo su MicroMega.

L’articolo di Biagio Bossone e Stefano Sylos Labini è chiaro quanto illuminante. Ed il suo titolo – «L’Italia e l’Euro: solo “Super Mario” può trovare la quadra» – proprio non lascia spazio ad equivoci. Il che, detto senza ironia, è davvero un gran bene.

Il ragionamento dei due economisti è piuttosto semplice e si sviluppa in quattro punti. Vediamoli.

Dal capracavolismo a “Super Mario”

Primo, la situazione attuale è insostenibile, con l’euro «l’Italia si è consegnata mani e piedi ai mercati finanziari internazionali» e «d’altra parte, l’unione monetaria si è mostrata irriformabile, se non in peggio». Che dire? Bravi, bene, bis!

E invece no. Dopo questa premessa del tutto condivisibile, arriva le seconda mossa: dall’euro non si può uscire. Per i due, questa «opzione per l’Italia è fuori questione… perché i costi di un’uscita dall’eurozona sarebbero enormi se essa non fosse concertata con i cosiddetti “partner” europei e co-gestita in modo ordinato; il che, però, è esattamente quello che i partner non vogliono». Dunque siamo in gabbia, ma lì dobbiamo restare.

Ma allora perché scrivono il loro articolo? Semplice, perché esiste un’altra possibilità – ecco la terza mossa – quella di salvare capra (l’euro) e cavoli (l’economia italiana) attraverso i CCF. Così scrivono a tal proposito i due capracavolisti:
«La proposta che da tempo avanziamo – e che crediamo sia l’unica che consenta all’Italia di operare un forte rilancio della propria economia senza violare le regole europee e guadagnando il consenso dei mercati – è l’emissione di Moneta Fiscale sotto forma di “certificati di compensazione fiscale” (CCF)». Non c’è qui lo spazio per entrare nel dettaglio della proposta di questi certificati. Tuttavia, benché l’idea sia stata lanciata ormai da oltre cinque anni, mi pare giusto dare ancora la parola ai due economisti che così sinteticamente la descrivono:
«Secondo la proposta, per un certo numero di anni e sino a che l’economia non segni una forte e stabile ripresa, lo Stato italiano emette CCF, cioè titoli trasferibili e negoziabili che conferiscono al portatore il diritto a restituirli allo Stato – a partire da due anni successivi all’emissione – ottenendo in cambio sconti (compensazioni) di uguale valore nominale, applicabili su tutti gli obblighi finanziari nei confronti della pubblica amministrazione: tasse, imposte, contributi, multe, sanzioni, etc.».
Il ragionamento che sta dietro a questa idea è chiaro: immettendo di fatto liquidità nell’economia reale, avremmo una ripresa che «produrrebbe gettito fiscale incrementale sufficiente a compensare gli sconti fiscali».

Non mi interessa qui discutere la fondatezza di questa ipotesi. Più importante è il problema che sta a monte, l’affermazione secondo cui i CCF potrebbero essere realizzati «senza violare le regole europee e guadagnando il consenso dei mercati». Ha insegnato niente l’ingloriosa vicenda dei Mini-Bot? Evidentemente no, almeno in certi ambienti.

Ma, al di là di quel che dicono, qualche dubbio debbono averlo pure Bossone e Sylos Labini. Tant’è che il loro articolo non è tanto rivolto a ripetere le loro note tesi, quanto piuttosto a chiarire – quarto e decisivo punto – chi dovrebbe metterle in pratica. Ed è qui che si realizza il passaggio dalla “scienza” economica alla fantascienza politica. Chi se non il Padreterno in persona potrebbe mai realizzare un simile miracolo? Si chiami dunque il Draghi e lo si faccia alla svelta!!!!!!

I due hanno l’onestà intellettuale di dirlo apertamente e senza fronzoli. Leggiamo:
«Il solo uomo di stato che oggi potrebbe portare a compimento un programma di Moneta Fiscale è Mario Draghi». E questo perché: «Dopo aver salvato l’euro con la politica monetaria espansiva, è giunto il momento che Draghi salvi l’Italia con la politica fiscale espansiva».
Il problema è che proprio con questa affermazione, fatta allo scopo di dare concretezza alla loro proposta, essi ne dimostrano nei fatti l’assoluta impraticabilità. Perché, se davvero la frittata dei CCF si potesse fare senza rompere le uova delle regole europee, per quale motivo si dovrebbe ricorrere alle doti taumaturgiche di questa specie di semidio?

Cosa ci insegna questa corsa all’uomo del destino?


Chi scrive ha un’idea abbastanza precisa sulla moneta complementare. Senza dubbio – non entrando qui nel merito delle sue possibili forme – essa potrebbe rivelarsi utile e per certi aspetti addirittura necessaria. Ma utile e necessaria solo nel quadro di un percorso che ci porti alla vera sovranità monetaria, cioè all’uscita dall’euro.

Faccio un esempio concreto. Nel luglio 2015, se il governo greco non avesse deciso di piegarsi indecorosamente ai diktat euristi, esso avrebbe dovuto ricorrere immediatamente ad una qualche forma di moneta complementare, per recuperare quella liquidità tagliata dalla Bce – cioè, detto per inciso, proprio da quel Mario Draghi che ora dovrebbe fare i CCF! Ma quella mossa sarebbe stata il semplice preludio all’uscita. Ed è così, non a caso, che i tedeschi (in questo più seri dei nostrani caciaroni) avevano interpretato i Mini-Bot nel giugno scorso.

Assignat: Francia, dicembre 1789, un antecedente delle moneta fiscale
Fuori da un quadro di scontro con l’oligarchia eurista, la moneta complementare è semplicemente irrealizzabile, dato che l’Unione Europea e gli altri membri dell’Eurozona ne impedirebbero l’emissione. Come dargli torto, del resto? Ve la immaginate un’Eurozona dove ogni Paese potesse stampare una propria moneta complementare? Il risultato sarebbe ben prevedibile, con l’assoluta affermazione della Legge di Gresham, quella che ci dice che “la moneta cattiva scaccia quella buona”. Ora, la banda eurista ha tanti problemi, ma una simile tendenza al suicidio proprio non si vede.


A mio parere, chi insiste con certe idee fa solo confusione. Peggio, fa dei danni alla causa che dice di sostenere. Con le illusioni non si fa politica, figuriamoci le grandi scelte della storia. “Non raccontiamoci più storie”, ci ammoniva giustamente Althusser. Ecco, smettiamo di raccontarcele. E diciamoci, una volta per tutte, che capra e cavoli non possono stare insieme. Che l’unica via per l’Italia è quella dell’Italexit. Questa almeno è la mia opinione.

Ma le opinioni sono appunto opinabili. I fatti, invece, lo sono un po’ meno. Ed il fatto che qui volevamo segnalare si commenta da solo. Non sapendo più a quale santo votarsi, i capracavolisti dei CCF hanno deciso di rivolgersi nientemeno che a “mister euro”, al secolo Draghi Mario. Almeno su questo, stavolta non sono più soli. Hanno con loro Zingaretti e Salvini, Renzi e il Berluska, Confindustria e sindacati, Mattarella e financo la “massoneria progressista“. Tutti insieme, magari per diversi motivi, a osannare il nuovo Salvatore, l’uomo della finanza, il banchiere di Goldman Sachs, il grande privatizzatore degli anni ’90.

Per i propugnatori dei CCF una fine davvero ingloriosa. Troppo ingloriosa per non essere in qualche modo anche meritata.





Citazioni

"Capisco ciò che vuoi dire, Menone. Vedi come ci riduci a quel ragionamento eristico, secondo il quale ad un uomo non è possibile cercare né ciò che sa né ciò che non sa? Non cerca ciò che sa, perché lo sa e non ha affatto bisogno di cercarlo, né cerca ciò che non sa; perché non sa neppure cosa cercare. [...] Poiché tutta la natura è congenere e l'anima ha appreso tutto, nulla impedisce che chi si ricordi di una sola cosa - che è poi quello che si chiama apprendimento -, trovi da sé tutto il resto se è coraggioso e instancabile nella ricerca, perché il ricercare e l'apprendere, nella loro interezza, non sono che reminiscenza. Non bisogna, dunque, prestar fede a quel ragionamento eristico: esso ci renderebbe pigri ed ascoltarlo è un piacere che fiacchi; mentre questo rende alacri alla ricerca". (Platone, "Menone")







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Di admin