Sul madornale errore tattico compiuto da Matteo Salvini, quello di aver fatto cadere il governo giallo-verde(blu) abbiamo scritto abbastanza.
Se davvero avesse voluto alzare la posta in vista della Legge di bilancio, non era contro i 5 Stelle che doveva sferrare l’attacco, bensì contro la “Quinta colonna” mattarelliana ed eurista nel governo, a partire da Tria e Conte. Detto altrimenti: se Salvini voleva davvero una finanziaria shock, quindi tenere testa ai ricatti dell’Unione europea, avrebbe dovuto fare di tutto per assicurarsi la solidarietà dell’alleato pentastellato per sostituire Tria (il vero e proprio garante e alfiere dell’eurocrazia) e nel caso lo stesso Conte.
Sui motivi di questo clamoroso errore circolano le più diverse spiegazioni, e illazioni. La più debole è proprio quella difesa dai filo-salviniani: “c’era il complotto delle solite élite, l’inciucio tra 5 Stelle e Pd era già stato siglato”. Fosse vera questa tesi (e non ci sembra vera) a maggior ragione Salvini ha commesso un errore: se il tuo nemico ti sfila l’alleato tu che fai? Gli dai una mano?
Nessuno meglio di Claudio Cerasa, poteva esprimere l’esultanza delle élite eurocratiche e dei loro lacchè nostrani per la caduta del governo:
«L’Italia ieri ha festeggiato la sua Liberazione da un doppio populismo di governo che nel giro di pochi mesi ha isolato l’Italia, ha portato il Paese in recessione, ha alimentato sentimenti xenofobi, ha giocato con i vaccini, ha introdotto nel corpo del Paese il virus delle democrazie illiberali, ha provato a spostare il baricentro della terza economia più importante d’Europa più verso la Cina che verso l’America, più verso la Russia che verso l’Europa». [IL FOGLIO, 21 agosto]
Grazie al terremoto elettorale del 4 marzo dell’anno passato, per la prima volta dalla nascita della Repubblica, i poteri forti persero una delle loro roccaforti più importanti, quella del governo. E’ qui la ragione fondamentale della nostra decisione di dare un appoggio tattico al governo giallo-verde (e per la quale ci siamo presi tante critiche): difenderlo malgrado le schifezze per impedire che i poteri forti riconquistassero Palazzo Chigi. Poiché quella era la posta in palio, le altre assolutamente secondarie.
Non siamo noi che dobbiamo fare autocritica. Debbono farla tutti coloro che pur condividendo come prioritaria la battaglia per riconquistare sovranità popolare e nazionale, hanno considerato (le élite ringraziano) che non i poteri forti in agguato bensì Salvini fosse diventato il nemico numero uno. Ora sono serviti.
Sta di fatto che ora, essendo il pallino passato dalle mani di Salvini a quello di Mattarella, questa rivincita è possibile. Vedremo nei prossimi giorni se verrà fuori un governicchio-ponte per votare in primavera o se, grazie alla oscena disponibilità dei 5 Stelle, verrà fuor qualcosa di più pericoloso (“governo di legislatura”). Non è escluso che si tratti delle due cose messe assieme: un governo ponte, destinato a durare pochi mesi, nell’ottica che nel frattempo maturino le condizioni per un governo eurocratico forte, magari con Draghi primo ministro.
Sia come sia, meglio sottolinearlo a scanso di equivoci, non è Salvini il nemico principale del popolo lavoratore. Né lo è diventato per il suo grossolano errore tattico.
Il nemico principale resta il blocco di potere eurista, a maggior ragione se invece delle elezioni si riprendesse il governo del Paese. E se questo dovesse accadere la manifestazione del 12 ottobre LIBERIAMO L’ITALIA diventerà un’occasione non solo per dire che si deve uscire dalla gabbia eurocratica, per dire NO all’inciucio e iniziare a costruire una NUOVA opposizione politica e sociale.