Come sappiamo, le proteste in difesa della Palestina e contro le politiche imperialistiche israeliane stanno infiammando i campus americani. Gli studenti stanno animando una protesta senza precedenti nelle università americane. A tal punto che le forze dell’ordine sono già più volte intervenute in maniera violenta, mettendo a nudo Il vero volto di quella che continua ridicolmente a proclamarsi “la più grande democrazia del mondo”. E ora, puntuale come un orologio elvetico, arriva l’accusa complottistica da parte degli araldi del pensiero unico liberal-atlantista: dietro a dette proteste vi sarebbe, ovviamente, ci spiegano con zelo, la longa manus della Cina e di Xi Jinping. Così titola, ad esempio, “La Repubblica”, rotocalco turbomondialista e voce del padronato cosmopolitico: «La denuncia di una Ong americana: “Le proteste nei campus universitari Usa pagate da finanziatori cinesi”». Non passa nemmeno lontanamente per la testa dei pretoriani dell’ordine simbolico dominante che gli studenti possano agire motu proprio, pensando e agendo con la propria testa: no, dietro deve esserci necessariamente la Cina di Xi Jinping, che per la civiltà dell’hamburger figura naturalmente come uno dei più pericolosi stati canaglia (rogue states) per il semplice fatto che, anziché genuflettersi servilmente all’ordine di Washington (come tra gli altri fa l’Italia del governo Meloni), resiste e mantiene fieramente la propria autonomia e la propria sovranità. E, come se non bastasse, la Cina è in prima linea più di ogni altro Stato nel contestare le politiche imperialistiche di Israele. Come ricorderete senz’altro, la Cina ha definito senza esitazione quel che sta accadendo a Gaza nei termini di una vera e propria “vergogna per la civiltà”. E ora, con un facile sillogismo, si conclude che deve per forza esserci la Cina dietro le proteste degli studenti che, con sacrosante ragioni, stanno protestando in tutta l’America contro lo scellerato modus operandi del governo di Nethanyau, che oltretutto anche in patria risulta ogni giorno più inviso e contestato. Sarebbe interessante che i rotocalchi degli autoproclamati professionisti dell’informazione dessero la parola non solo a operatori di non meglio chiarite ong ma anche agli studenti stessi, per capire le loro motivazioni e i loro argomenti. Ma, ci rendiamo conto, questa modalità operativa va ben al di là della pratica giornalistica dominante, il cui unico scopo è sempre da capo riconfermare l’ordine simbolico dominante di completamento dei rapporti di forza egemonici.
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