Esattamente 424 anni fa, il 17 febbraio del 1600, veniva bruciato vivo a campo dei fiori Giordano Bruno, simbolo della libertà filosofica e del coraggio della verità. Questo in effetti incarna soprattutto la figura eroica di Giordano Bruno: il coraggio di testimoniare per la verità fino alla morte, senza piegarsi ai dogmi del potere temporale o spirituale. Un tema particolarmente importante oggi, nel tempo post-eroico della pavidità universale, in cui la tonalità depressiva della resilienza pare ovunque egemonica. Vi è oggi una tendenza in voga a presentare Giordano Bruno come pensatore materialista e ateo, quando la sua filosofia in realtà si struttura in maniera diametralmente opposta: il panteismo di Giordano Bruno non nega Dio ma in Dio risolve il mondo stesso, che è divino in ogni sua determinazione. Prodotto da una causa infinita, il mondo stesso non può che essere infinito, strutturato monisticamente come articolazione dell’unica sostanza divina. Tutto è in Dio, dacché tutto è Dio. L’universo è infinito, come Bruno ripete con entusiasmo, in ciò ravvisando l’essenza stessa della libertà infinita che permea l’essente in ogni sua parte. Una filosofia gravida di spiritualità, dunque, e animata dalla tensione verso la libertà, secondo la figura dell’eroico furore che porta Atteone – così Bruno rilegge il mito – a scoprire di essere egli stesso la natura e il divino.
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