Nature

DIALOGO

“Ogni altra verità è soggetta alla discussione, e nessuno può mai pretendere che si finisca ad un certo punto di discutere. Per nessun’altra verità io posso prescindere dalla critica altrui, dalla discussione e dal consenso altrui. Ma la volontà di discutere non ha bisogno di essere discussa, perché ogni discussione la presuppone”. (G. Calogero, Filosofia del dialogo)






A cura di Diego Fusaro

Il dialogo è, o dovrebbe essere, l’essenza stessa del metodo filosofico, almeno così come l’hanno teorizzato Socrate e il suo allievo Platone. La filosofia, infatti, procede mediante il dialogo tra interlocutori che si confrontano, mossi dal desiderio di raggiungere la verità: a tale desiderio diamo, appunto, il nome di “filosofia”, ossia di “amore per il sapere”. Condizioni primarie del fare filosofia sono, dunque, la disponibilità a mettere in gioco se stessi (le proprie certezze e il proprio generale modo d’essere), il desiderio di raggiungere la verità e il confronto dialogico con altri soggetti che abbiano anch’essi le precedenti caratteristiche. “Dialogo” è una parola che deriva dalla lingua greca: rinvia a un logos, a una “ragione” che, mediante il linguaggio, si muove dià, cioè “attraverso” lo spazio pubblico degli interlocutori. Nel dialogo, ciascuno espone le proprie ragioni e, mediante il confronto, trionfa la ragione che riesce a reggere al fuoco delle obiezioni e delle critiche che ad essa vengono mosse dalle ragioni difese dagli altri interlocutori. Per questo, nel dialogo filosofico vince non chi è più facoltoso, chi è di natali più nobili o, ancora, chi è più potente: semplicemente, vince la ragione migliore, quella che più si avvicina al vero. A ben vedere, proprio in ciò risiede anche quello che potremmo etichettare come il paradosso del dialogo filosofico: in esso, non vi sono vinti, ma solo vincitori. Anche colui il quale viene confutato, infatti, è egualmente vincitore: anch’egli, infatti, prende parte al movimento mediante il quale, dialogando, ci si avvicina insieme e senza esclusioni alla verità. Per questo motivo, il dialogo filosofico si presenta come una “lotta amichevole”, come lo qualificherà Martin Heidegger nel Novecento: è una lotta, sì, perché ciascuno difende serratamente le proprie ragioni, delle quali è convinto; ma è amichevole, giacché l’obiettivo è quel raggiungimento collettivo, con il dialogo, della verità, in forza del quale nessuno è escluso. Alla luce di quanto si è evidenziato, la filosofia non può essere intesa come un accumulo individuale di nozioni o come una ricerca solitaria del vero: è, al contrario, una pratica veritativa dialogica, il cui presupposto fondamentale è il confronto con gli altri e con le loro prospettive. Insomma, nel suo senso più ampio, il fatto che la filosofia sia, per sua essenza, dialogo rivela come essa sia anche, in pari tempo, una pratica comunitaria, legata alla socialità dello stare insieme degli uomini. Il dialogo filosofico assume, così, la forma della ricerca che la comunità nel suo complesso opera della verità mediante la partecipazione al dialogo dei concittadini. L’epoca odierna è anche sotto questo profilo davvero scarsamente propensa alla filosofia e al dialogo: la forma in essa dominante è quella del monologo di massa di individui isolati, che hanno rinunziato al confronto e alla ricerca sociale del vero. Per convincersene, è sufficiente salire sulla metropolitana in una delle numerose megalopoli del nostro presente: vi troveremo masse di individui che, pur costretti a stare l’uno accanto all’altro, non dialogano. Addirittura hanno paura a incontrare lo sguardo altrui. Con apparecchi tecnici alle orecchie e dispositivi elettronici in mano, fanno di tutto per evitare il dialogo, per rimanere imprigionati nella propria individualità priva di finestre. La vostra civiltà greca del dialogo è, dunque, stata rovesciata completamente dalla nostra contemporanea “civiltà” del silenzio conformistico di massa o delle urla scomposte dei talk show televisivi. In questi ultimi, che pure emulano la forma socratica del dialogo, gli interlocutori non cercano di pervenire insieme alla verità: al contrario, ciascuno aspira a imporre a voce alta il proprio punto di vista, senza neppure ascoltare quello altrui.

Citazioni

"L’uomo chiese una volta all’animale: perché non mi parli della tua felicità e soltanto mi guardi? L’animale dal canto suo voleva rispondere e dire: ciò deriva dal fatto che dimentico subito quel che volevo dire – ma subito dimenticò anche questa risposta e tacque; sicché l’uomo se ne meravigliò. Ma egli si meravigliò anche di se stesso, per il fatto di non poter imparare a dimenticare e di essere continuamente legato al passato". (F. Nietzsche, "Sull’utilità e il danno della storia per la vita")
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