PUBBLICAZIONI
“Il filosofo deve essere sempre l’apostolo dell’ideale, non mai il patrono o tutore del fatto compiuto” (G. Gentile, Genesi e struttura della società)
In questa sezione del sito, vi propongo alcune delle mie pubblicazioni scientifiche sulla filosofia e sulla sua storia. |
MICHEL DE MONTAIGNE: APOLOGIA DI
RAYMOND SEBOND
Composta sotto la protezione di Margherita di Valois, dama tra le più colte, ambigue e stravaganti del Rinascimento francese, questa “Apologia di Raymond Sebond” costituisce il capitolo più organico e ampio dei “Saggi” di Montaigne. Col pretesto di difendere la “Teologia naturale” del tolosano Raymond Sebond dalle numerose accuse che le erano state rivolte, Montaigne concepisce un disegno apologetico della fede cristiana largamente estraneo agli schemi tradizionali e dal quale traspare il ritratto culturale della propria epoca in cui nuove cosmologie, nuovi continenti, nuovi popoli, nuove confessioni religiose, nuove immagini di uomo e di ragione umana irrompono sulla scena storica.
Quest’opera (che rappresenta la mia prima pubblicazione), apparsa con la casa editrice Bompiani nel maggio 2004, è il frutto del lavoro a quattro mani svolto da me e dal mio carissimo amico Salvatore Obinu (a cui rinnovo ancora una volta i ringraziamenti per avermi concesso l’onore di lavorare con lui): io mi sono occupato del lungo saggio introduttivo, Salvatore della traduzione e dei ricchissimi apparati di note. Ciò che ho cercato di mettere in luce nel saggio introduttivo può essere così sintetizzato: la modernità, hegelianamente intesa come conversione dai cieli della metafisica e della religione alla terra e alla mondanità, trova in Montaigne la propria massima espressione. Avverso ad ogni forma di dogmatismo, di fanatismo e di pretesa onnicomprensività della ragione, egli opta per un “pensiero debole” e rinunciatario di ogni certezza definitiva, ma, proprio in forza di ciò, aperto alla tolleranza, alle culture “altre”, al dialogo in tutte le sue possibili declinazioni e perfino alla ragionevolezza della fede, anch’essa però intesa in maniera “debole” (tale cioè da non poter mai portare a quelle guerre di religione che, all’epoca di Montaigne, erano all’ordine del giorno).
Non bisogna che mi dicano ‘è vero perché lo vedete e sentite così’; bisogna che mi dicano se quello che penso di sentire, lo sento tuttavia in realtà; e, se lo sento, che mi dicano poi perché lo sento, e come, e che cosa; che mi dicano il nome, l’origine, e gli annessi e connessi del caldo, del freddo, le qualità di colui che agisce e di colui che subisce; oppure rinuncino alla loro professione, che è di non accogliere né approvare alcunchè se non per mezzo della ragione; è la loro pietra di paragone per ogni sorta di prove: in realtà, è una pietra piena di falsità, di errore, di debolezza e deficienze. (Apologia di Raymond Sebond)
Quand je me joue à ma chatte, qui sait si elle passe son temps de moi plus que je ne fais d’elle?
KARL MARX: DIFFERENZA TRA LE FILOSOFIE DELLA
NATURA DI DEMOCRITO E DI EPICURO
Resta tuttavia uno strano, irrisolvibile enigma: due filosofi insegnano la stessa dottrina, nello stesso modo, ma – che contraddittorietà! – essi sono agli antipodi l’uno rispetto all’altro in tutto ciò che rispecchia verità, certezza, applicazione di questa scienza e, in generale, rapporto tra pensiero e realtà.
NOTE DI COPERTINA:
La Differenza tra le filosofie della natura di Democrito e di Epicuro è la tesi di laurea in filosofia di Karl Marx, conseguita il 15 aprile 1841 a Jena. Il giovane Marx si muove ancora nell’alveo della sinistra hegeliana, ma già sono presenti, in nuce, gli elementi della svolta che lo farà approdare sui lidi del materialismo storico. Epicuro è presentato da Marx come “il più grande illuminista greco”, come colui che portò fino in fondo la critica della religione a favore dell’autocoscienza umana; in questo Marx rompe con la condanna hegeliana di Epicuro, che poggiava su una lunga tradizione risalente a Cicerone e a Plutarco. Dall’attenta analisi delle due forme di atomismo antico, Marx evince la superiorità di Epicuro, per l’attenzione che egli presta al reale, liquidato da Democrito come mera apparenza fenomenica. Marx – ancora completamente assorbito dall’indagine storico-filosofica -interpreta significativamente la situazione della filosofia dopo Hegel in analogia con la situazione delle filosofie ellenistiche dopo Platone e Aristotele, domandandosi implicitamente se sia possibile un nuovo avvio filosofico dopo il compimento della filosofia nelle grandi sintesi sistematiche. La risposta che egli propone è esemplare e sintomatica di quello che sarà lo sviluppo del suo pensiero: proprio in questi momenti post-sistematici diventa possibile la ripresa di contatto della filosofia con la realtà, quella sua realizzazione nel mondo esterno che costituirà il cuore della riflessione marxiana. In quest’ottica, la Differenza tra le filosofie della natura di Democrito e di Epicuro non è che l’inizio di un più ampio studio sull’età ellenistica (in realtà mai portato a termine), al quale Marx stesso rinvia nelle pagine iniziali della sua dissertazione. Il curatore dell’opera è Diego Fusaro (Torino, 1983), studioso di Storia della filosofia presso l’Università di Torino. Sempre per Bompiani, egli ha curato – con Salvatore Obinu – una nuova edizione dell’Apologià di Raymond Sebond di Montaigne ed è inoltre il fondatore del progetto internet La filosofia e i suoi eroi (www.filosofico.net), punto di riferimento on line per il dibattito filosofico italiano.
Karl Marx, Differenz der demokritischen und epikureischen Naturphilosophie: è la troppo spesso ingiustamente sottovalutata tesi dottorale di Karl Marx, da me tradotta, commentata e curata per la casa editrice Bompiani di Milano, in particolare per la collana “Bompiani Testi a Fronte”. È la mia seconda pubblicazione, dopo l’Apologia di Raymond Sebond di Montaigne: in realtà, l’ho composta prima (sul finire del 2002 e a inizio 2003) rispetto all’opera montaigneana ma, per ragioni editoriali che non sto a spiegarvi, è poi uscita successivamente. Prima di parlare dell’opera, è bene spendere qualche parola sul contesto in cui è nata. Sentii per la prima volta parlare dell’opera quand’ancora ero uno studente liceale alle primissime armi: in particolare, il professore stava spiegando in classe la fisica di Epicuro, notando come essa sia una riproposizione di quella democritea, ma non per questo motivo priva di spunti originali ed interessanti (primo fra tutti, naturalmente, la “declinazione” degli atomi dalla linea retta); e, a tal proposito, egli citò il confronto che tra le due filosofie della natura – quella di Democrito e quella di Epicuro – aveva fatto Marx nella sua dissertazione dottorale. Rimasi particolarmente colpito: in primis, perché per le mie conoscenze di allora Marx era eminentemente un filosofo/rivoluzionario, tanto attento alla realtà sociale che lo circondava quanto incurante del passato classico e filosofico (ed è questa un’idea che tende ancora oggi ad essere dominante presso moltissimi studiosi). Mi colpì, in secondo luogo, l’idea marxiana – che da subito mi parve geniale – di mettere a confronto tra loro Democrito ed Epicuro, il loro atomismo simile e il loro modus vivendi diametralmente opposto. Quando – due anni dopo – venne il momento di preparare la tesi liceale, ecco che pensai di andare a recuperare la dissertazione di Marx, di leggermela e di lavorarci: ma, ironia della sorte, scoprii che era introvabile, che in italiano era stata sì tradotta, ma parecchi anni addietro (1962), non in versione integrale e in un numero talmente esiguo di copie che non solo non era reperibile nelle librerie, ma neppure nelle biblioteche meglio fornite. Ciò non di meno, non me la sentii di abbandonare il mio progetto e fu così che rinvenni la tesi, in versione integrale e in lingua sia tedesca sia inglese, su internet. Dopo averla letta, iniziai a lavorarci e ne venne fuori (giugno 2002) la mia tesi liceale, consultabile qui. Dopo aver conseguito la maturità classica, misi on line la tesi e a ottobre dello stesso anno venni contattato via email da Giuseppe Girgenti, assistente di Giovanni Reale e docente presso la Facoltà di Filosofia del San Raffaele di Cesano Maderno, oltre che segretario presso la casa editrice Bompiani di Milano. Aveva visitato il sito e aveva letto con interesse la mia tesi: mi propose allora di lavorare con Bompiani, curando l’edizione della dissertazione dottorale (occupandomi dunque della traduzione, del saggio introduttivo, delle note, ecc). Naturalmente accettai con grande gioia. Proverò ora a mettere in luce l’importanza della dissertazione dottorale di Marx non solo nell’economia del suo sistema, ma nell’intero panorama filosofico dell’Ottocento. A scriverla è un Marx ancora giovane, profondamente intriso di idealismo e di hegelismo (il termine “autocoscienza” ricorre nel testo con un’incredibile frequenza), ma che già lascia trasparire, almeno embrionalmente, i sintomi di un prossimo avvicinamento alla “Sinistra hegeliana”. Ciò emerge chiaramente fin dall’argomento della dissertazione – il materialismo democriteo ed epicureo -, per poi apparire sempre più evidente man mano che Marx procede nella sua trattazione: dopo le grandi sintesi sistematiche ed astratte che pretendono di spiegare il mondo in ogni sua parte e, per ciò stesso, peccano di astrattismo, si ha – per reazione – il germinare di filosofie che non badano se non alla concretezza: in quest’ottica, come dopo i grandi sistemi di Platone e di Aristotele fiorirono le filosofie ellenistiche, così dopo Hegel risplende la filosofia critica e materialista della Sinistra hegeliana. Ma quel che dal mio punto di vista risulta più interessante è il fatto che Marx – sostanziandosi dei valori della filosofia antica – e dovendo scegliere tra il determinismo assoluto alla Democrito e il determinismo con sprazi di libertà alla Epicuro, opti per il secondo. Proprio da ciò è possibile – e questa è l’interpretazione che io propongo nel saggio introduttivo – ricavarne un Marx attento ai problemi della libertà dell’agire umano, da sempre trascurati da certo marxismo (pensiamo all’interpretazione sovietica). Insomma, dalla dissertazione dottorale affiora un’immagine del tutto nuova e originale di Marx, alla cui luce rileggere il marxismo e la figura di Marx stesso, sulla quale pende – da dopo la caduta del Muro di Berlino – una damnatio memoriae tale per cui nell’attuale momento storico si tende sempre meno a parlare di Marx e, soprattutto, a leggerlo.
Rinnovo qui i ringraziamenti ai miei carissimi amici Salvatore Obinu (per l’attenta rilettura del saggio introduttivo e per la paziente revisione della parte in tedesco) e Giuseppe Girgenti (che mi ha molto aiutato nell’impaginazione e nella rilettura dell’intero lavoro), senza il cui preziosissimo aiuto il mio lavoro non avrebbe mai visto la luce.
La filosofia, finché una goccia di sangue pulserà nel suo cuore assolutamente libero, dominatore del mondo, griderà sempre ai suoi avversari, insieme a Epicuro: «empio non è chi rinnega gli dèi del volgo, ma chi le opinioni del volgo applica agli dèi». La filosofia non fa mistero di ciò. La dichiarazione di Prometeo – «detto francamente, io odio tutti gli dèi»– è la sua propria dichiarazione, la sua propria sentenza contro tutti gli dèi celesti e terreni che non riconoscono come divinità suprema l’autocoscienza umana. (Differenza tra le filosofie della natura di Democrito e di Epicuro)
DIEGO FUSARO: FILOSOFIA E SPERANZA.
ERNST BLOCH E KARL LÖWITH INTERPRETI DI MARX
Mi chiedo se un marxista abbia mai il diritto di sognare, qualora non dimentichi che, secondo Marx, l’umanità si pone sempre i soli compiti che può assolvere. (V. I. Lenin, Che fare?)
NOTE DI COPERTINA:
Uno dei maggiori problemi irrisolti che Karl Marx ha lasciato in eredità ai suoi interpreti riguarda la legittimità della speranza in sede pratica e teoretica, tanto nella cornice del suo pensiero quanto nel più ampio orizzonte della filosofia. L’intera opera marxiana sembra enigmaticamente in bilico tra le opposte dimensioni della scienza e della speranza. La linea interpretativa adottata da Ernst Bloch e da Karl Löwith scorge in Marx il filosofo della speranza più che della scienza, riconoscendo nella sua riflessione un’ineludibile tensione utopica rispetto alla quale la scienza sarebbe un fenomeno secondario e funzionale. Entrambi sostengono la centralità del momento della speranza in Marx, ma in forza delle concezioni antitetiche di questo sentimento che essi fanno valere all’interno della propria riflessione filosofica, finiscono poi per valutarlo in maniera opposta.
Diego Fusaro è studioso di Storia della Filosofia presso l’Università di Torino: ha curato l’edizione della Differenza tra le filosofie della natura di Democrito e di Epicuro di Marx (Bompiani, 2004) e – con Salvatore Obinu – dell’Apologia di Raymond Sebond di Montaigne (Bompiani, 2004). È l’ideatore e il curatore del progetto internet La filosofia e i suoi eroi (www.filosofico.net), punto di riferimento per il dibattito filosofico italiano.
Filosofia e speranza. Ernst Bloch e Karl Löwith interpreti di Marx (Il Prato, Padova 2005) è la rielaborazione della tesi con cui, nel giugno del 2005, ho conseguito la laurea triennale in Filosofia della storia presso l’Università di Torino. Il libro cerca di addentrarsi in uno dei maggiori problemi inerenti al marxismo: quello della speranza, affrontato dal punto di vista di due dei più lucidi interpreti di Karl Marx che il Novecento abbia avuto.
Desidero qui ringraziare soprattutto il prof. Enrico Donaggio e il prof. Enrico Pasini per avermi pazientemente seguito nel mio percorso, per i preziosissimi consigli che mi hanno fornito e per l’attenta lettura del mio lavoro.
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Tanto Ernst Bloch quanto Karl Löwith leggono Marx alla luce di questo paradigma interpretativo che si pone come una vera e propria «ermeneutica della speranza»: ma diametralmente opposte sono le conclusioni che essi ne traggono. Per Bloch, il marxismo è l’erede legittimo delle speranze che da sempre animano l’uomo; al contrario, per Löwith esso non è che un’indebita deviazione dalla filosofia proprio perché il suo nucleo più autentico – la speranza – esula dai sentieri filosofici. (“Filosofia e speranza. Ernst Bloch e Karl Löwith interpreti di Marx”, cap.1)
Vai alla pagina della collana filosofica “I Cento Talleri“.
DIEGO FUSARO: LA FARMACIA DI EPICURO.
LA FILOSOFIA COME TERAPIA DELL’ANIMA
E’ vano il ragionamento di quel filosofo, dal quale non venga curata nessuna sofferenza umana: infatti, come la medicina non ha nessuna utilità se non espelle le malattie dal corpo, così non l’ha nemmeno la filosofia, se non espelle il turbamento dall’anima. (Usener, fr. 221)
Con prefazione di Giovanni Reale
NOTE DI COPERTINA:
Fin dall’antichità, il pensiero di Epicuro fu paragonato a un potente farmaco finalizzato a debellare i mali dell’anima che da sempre tormentano l’uomo impedendogli di vivere serenamente: ma sappiamo che il termine greco pharmakon racchiude in sé i due opposti significati di medicina e di veleno; e, a ben vedere, la stessa duplicità anima la filosofia di Epicuro, che, nella misura in cui si pone come medicina per l’anima umana, assume il carattere di veleno che distrugge dall’interno la filosofia tradizionalmente intesa come disinteressata contemplazione della verità. La rivoluzione filosofica compiuta da Epicuro in rottura con tutta la tradizione precedente, da Talete ad Aristotele, sta dunque nell’aver invertito il tradizionale rapporto tra uomo e cosmo, tra teoria e pratica: alla classica domanda “com’è fatta la realtà?” si sostituisce l’interrogativo epicureo che sta alla base del suo antropocentrismo filosofico: “come deve essere fatta la realtà e come la si deve conoscere per poter essere felici?”. Ogni specifica articolazione della filosofia epicurea subordinata all’obiettivo di un’esistenza felice e in nulla inferiore a quella propria delle realtà divine.
Diego Fusaro (Università di Torino) attento studioso dell’atomismo greco e dei suoi portati nella modernità: ha curato l’edizione della Differenza tra le filosofie della natura di Democrito e di Epicuro di Marx (Bompiani, 2004) e ha recentemente pubblicato Filosofia e speranza. Ernst Bloch e Karl Loewith interpreti di Marx (Il Prato, 2005). E’ l’ideatore e il curatore del progetto internet La filosofia e i suoi eroi (www.filosofico.net), punto di riferimento per il dibattito filosofico italiano.
PREMIO “MARCELLO GIGANTE” 2008
La farmacia di Epicuro. La filosofia come terapia dell’anima (Il Prato, Padova 2006) il frutto di un lungo periodo di studio dell’epicureismo e dei suoi portati nella modernità (è risaputo che lo stesso Karl Marx fu un grande estimatore del pensiero epicureo) . Epicuro – troppo spesso frainteso e liquidato come vizioso – è un autore profondo, che ha cercato di costruire una filosofia funzionale all’esistenza umana, capace di rasserenare gli animi e di garantire la felicità. Rivolgendosi a tutti, anche a coloro che tradizionalmente venivano esclusi dall’esercizio della filosofia (donne, schiavi, fanciulli), Epicuro ha elaborato un pensiero sistematico e in funzione dell’uomo: addirittura egli si spinge a sostenere, in sede teologica, che gli dei esistono ma non intervengono nel mondo e che l’uomo che vive saggiamente può godere di un’esistenza non meno felice e beata di quella degli dei stessi. L’opera ha vinto il premio speciale dell’edizione 2008 del “Premio Marcello Gigante”.
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Diego Fusaro (a sinistra) e Giovanni Reale (a destra)
Per poter curare gli animi, la filosofia deve inevitabilmente mutare natura, divenendo qualcosa di ben diverso da quel che era prima. E questo mutamento di natura a cui Epicuro sottopone la filosofia – che si trasforma significativamente in prassi filosofica – è destinato ad esercitare una grande influenza sulla nostra tradizione, fino a trovare nel pensiero di Karl Marx il suo punto di incontro più ricco di conseguenze: chi scava in profondità nelle origini e nelle fonti del pensiero marxiano non può non rinvenire Epicuro. (“La farmacia di Epicuro”, cap.1)
Vai alla pagina della collana filosofica “I Cento Talleri“.
DIELS-KRANZ: I PRESOCRATICI
Il mondo è un palcoscenico, la vita è un passaggio sulla sua scena: entri, guardi, e te ne esci. (Democrito, p. 1357)
I presocratici. Testimonianze e frammenti, Bompiani, Milano 2006, a cura di G. Reale, testo greco a fronte.
Giovanni Reale presenta la traduzione integrale della raccolta ormai classica di Hermann Diels e Walther Kranz, con testo originale a fronte, di tutte le testimonianze e di tutti i frammenti dei filosofi greci presocratici, dagli inizi fino ai sofisti. Martin Heidegger ha scritto che la filosofia greca è nata grande e non c’è migliore dimostrazione di questo asserto se non la lettura diretta di queste perle di sapienza scritte tra il VI e il IV secolo a.C. Questa impresa è stata condotta da una squadra composta, oltre che dallo stesso Reale, da Maurizio Migliori, Marco Timpanaro Cardini, Ilaria Ramelli, Angelo Tonelli, Diego Fusaro e Salvatore Obinu.
La sorgente da cui ci giungono i beni è la stessa da cui potrebbero giungerci anche i mali: ma possiamo evitare questi ultimi senza dover rinunciare pure ai beni. In maniera analoga, le acque profonde sono assai utili e, nello stesso tempo, sono fonte di possibile danno. C’è infatti il rischio effettivo di annegare in esse. Però esiste un modo per sfruttarne i benefici, mettendosi al riparo dal pericolo: imparare a nuotare. (Democrito, p. 1381)
KARL MARX: SULLA QUESTIONE EBRAICA
L’uomo conduce non solo nel pensiero, nella coscienza, ma nella realtà, nella vita, una duplice esistenza, una celeste e una terrena, l’esistenza nella comunità politica in cui egli si ritiene un ente comunitario e l’esistenza nella società civile, nella quale opera come uomo privato, il quale intende gli altri uomini come strumenti. (K. Marx, Sulla questione ebraica)
Karl Marx, Zur Judenfrage, 1844; tr. it. Sulla questione ebraica, a cura di Diego Fusaro, Bompiani, Milano 2007.
QUARTA DI COPERTINA:
Apparso nel 1844 sugli «Annali franco-tedeschi», il saggio di Marx Sulla questione ebraica – destinato a grandi fraintendimenti e a grossolane strumentalizzazioni – è solo in apparenza uno scritto occasionale: con esso, Marx risponde a Bruno Bauer, che, nella sua Questione ebraica, aveva delineato come soluzione al problema dell’emancipazione degli ebrei l’eliminazione della religione dalla sfera statale e la sua riduzione all’ambito della vita privata degli individui. Marx mette in luce le contraddizioni e i limiti di questa pur moderna soluzione: l’emancipazione politica a cui mira Bauer è un punto di partenza, e non di arrivo. Infatti, emancipato politicamente, l’uomo non è per ciò stesso emancipato socialmente: si trova cioè a condurre contraddittoriamente una doppia esistenza, sperimentando l’uguaglianza nei cieli astratti della politica e della legge e, al tempo stesso, vivendo nella disuguaglianza sulla terra della società civile. Per poter superare questa dicotomia, occorre attuare un’«emancipazione reale» che muti radicalmente lo stato di cose. Ecco allora che, dall’iniziale questione dell’emancipazione degli ebrei, l’asse del problema si sposta sull’emancipazione dell’uomo in quanto tale, tema sul quale Marx si affaticherà per il resto della sua vita. Snodo cruciale nella genesi della «concezione materialistica della storia» e del superamento delle posizioni dei «Giovani hegeliani», lo scritto marxiano è ancora oggi di un’attualità straordinaria per la sua forza critica di denuncia delle libertà solo apparenti di cui si gode nella nostra società. Diego Fusaro è attento studioso del pensiero marxiano e marxista – nelle sue molteplici declinazioni otto-novecentesche – e dell’atomismo greco. Ha curato per Bompiani l’edizione della Differenza tra le filosofie della natura di Democrito e di Epicuro di Marx (2004); con Salvatore Obinu,l’Apologia di Raymond Sebond (2004); la traduzione degli atomisti antichi nel volume I Presocratici di Diels e Kranz (2006). È l’ideatore e il curatore del progetto internet La filosofia e i suoi eroi (www.filosofico.net).
Dopo che per molto tempo la storia è stata risolta in superstizione, noi risolviamo in storia la superstizione. Il problema del rapporto tra l’emancipazione politica e la religione diventa per noi il problema del rapporto tra l’emancipazione politica e quella umana. Noi sottoponiamo a critica la fragilità religiosa dello Stato politico, giacché sottoponiamo a critica lo Stato politico, astraendo dalle fragilità religiose della sua costituzione mondana. Noi umanizziamo la contraddizione tra lo Stato e una determinata religione, per esempio l’ebraismo, nella contraddizione tra lo Stato e determinati elementi mondani, la contraddizione dello Stato con la religione in generale nella contraddizione tra lo Stato e le sue premesse. (K. Marx, Sulla questione ebraica)
SALOMON LURIA: DEMOCRITO
Un tale disse a Democrito: “Come mai tu che sei così alto hai sposato una donna di bassa statura?”. Questi gli rispose: “Ho scelto il male minore”. (Fr. 706)
Salomon Luria, Democrito. Testimonianze e frammenti, Bompiani, Milano 2007, a cura di G. Reale, D. Fusaro, S. Maltseva, G. Girgenti, A. Krivushina, testo greco e russo a fronte.
Democrito di Abdera può essere considerato il punto di arrivo di tutta la filosofia naturalista presocratica, per la sua geniale soluzione in senso pluralista delle aporie eleatiche sull’essere e sul nulla (da lui reinterpretati come atomi e vuoto) e per la sua traduzione fisica del pitagorismo matematico; già in epoca antica, le sue intuizioni sulla struttura atomica della materia, la vastità della sua produzione scientifica, e la profondità delle sue sentenze morali, gli meritarono una menzione speciale come uno dei più importanti pensatori da porre sullo stesso piano di Piatone e Aristotele; a Democrito, del resto, risale ogni tradizione materialista, passando per Epicuro e giungendo fino a Marx, che non a caso dedicò la sua tesi di dottorato a questi due filosofi dell’antichità. La presente edizione, con traduzione, commento e numerosi apparati, è il capolavoro del filologo russo Salomon J. Luria (1891-1964), frutto degli studi di tutta la sua vita, e pubblicato postumo a Leningrado nel 1970; la raccolta dei frammenti superstiti di Democrito raddoppia per estensione la sezione sugli Atomisti antichi della classica edizione tedesca di Diels e Kranz, ma soprattutto il vastissimo commentario ci restituisce un Democrito precursore della scienza antica a tutto campo, e, per certi versi, molto più “moderno” di Aristotele sul versante della fisica e della biologia. L’interpretazione di Luria mira poi a ricostruire una vera e propria polemica tra i “materialisti” e gli “idealisti” del pensiero greco, con un’evidente tendenza ad attribuire ai primi la palma della vittoria; nello stesso tempo, Luria offre una innovativa storia degli effetti del pensiero democriteo, che ha avuto esiti impensabili non solo nella tradizione materialista, ma persino nella teologia cristiana gnostica di Valentino e nelle raccolte bizantine di massime morali. In appendice è riprodotta anche la versione russa dei frammenti democritei, un’importante testimonianza della presenza della filosofia antica in Unione Sovietica nel periodo del comunismo.
Il lavoro è stato realizzato da una squadra composta da Diego Fusaro (traduzione e revisione dei testi greci), Giuseppe Girgenti (realizzazione editoriale, bibliografia, indice e revisione generale), Anastasia Krivushina (traduzione dal russo), Svetlana Maltseva (bio-bibliografia di S. Luria), Giovanni Reale (introduzione).
“Platone voleva dare fuoco agli scritti di Democrito, almeno a tutti quelli che fosse stato in grado di raccogliere, ma gli fu impedito dai Pitagorici Amicla e Clinia, poiché non era un gesto di alcuna utilità, in quanto quei libri erano già diffusi tra molte persone. Ed è evidente che ciò è successo perché Piatone, pur citando tutti gli antichi filosofi, non si ricorda mai di menzionare il solo Democrito, neanche quando dovrebbe controbattere le sue posizioni, ben sapendo che, in tal caso, l’agone sarebbe insorto con il migliore dei filosofi” (Dall’introduzione di Salomon Luria)
Indice – Sommario
Introduzione
Democritea
Dottrina di Democrito
A. Principi generali
B. Matematica
C. La dottrina degli atomi
D. Meccanica e cosmogonia
E. Teoria dei sensi e della conoscenza
F. Biologia
G. La comunità umana
H. La città e il filosofo
I. Sentenze morali. Si deve perseguire la tranquillità dell’animo
K. Scienze applicate
L. La poesia e le arti
M. Lo stile oratorio dello stesso Democrito
Appendice
Apparati
È opportuno che chiunque voglia conseguire la tranquillità dell’animo non si infervori molto in attività né personali né pubbliche e conviene che, nel caso in cui si applichi a una qualche attività, non scelga quelle che sono superiori alle sue forze e alla sua natura; al contrario, conviene che vigili su se stesso, al punto da limitarsi e da non mirare a quanto eccede le sue possibilità, anche se la sorte sembri sostenerlo e sospingerlo e condurlo a mete sempre più alte. Infatti, la misura in rapporto alle proprie forze è sempre più sicura dell’eccesso. (Fr. 737)
SALOMON LURIA: DEMOCRITO
LUCIANO DI SAMOSATA: TUTTI GLI SCRITTI
Ciò che tu ammiri è per altri oggetto di riso
Luciano di Samosata, Tutti gli scritti, Bompiani, Milano 2007; introduzione, note e apparati di Diego Fusaro; traduzione di Luigi Settembrini. Testo greco a fronte.
In questo volume vengono raccolte tutte le opere di Luciano di Samosata (120-180 d.C.). Autore di spicco della “Seconda Sofistica”, Luciano fa della critica radicale e demolitrice che deride ogni presunta verità lo strumento principale della sua riflessione. In virtù di un eclettismo che lo induce ad accogliere l’edonistica di Epicuro, la scepsi di Pirrone e la satira feroce dei Cinici, Luciano – coerente con la propria linea di pensiero – distrugge i sistemi altrui senza proporne di alternativi, facendo del riso e della caricatura i grimaldelli del suo filosofare. Le sue opere sono in gran parte opuscoli irriverenti, dialoghi esilaranti e romanzi fantastici ambientati nel luoghi più improbabili.
Udendo tutte queste cose, io non m’attentava di negar fede ad uomini che avevano una voce e una barba mirabile; ma ripensando ai loro discorsi io non sapevo come non trovarvi errori molti e contraddizioni. Onde m’interveniva proprio come dice Omero: spesso mi sforzai di credere a qualcuno di loro, ma un altro pensier mi tratteneva. Tra tutti questi dubbi, disperando di poter sapere la verità su la terra, mi persuasi che una sola via vi sarebbe per uscire di quell’affanno, se io stesso volando andassi in cielo. (Luciano, Icaromenippo)
KARL MARX E LA SCHIAVITÙ SALARIATA:
UNO STUDIO SUL LATO CATTIVO DELLA STORIA,
KARL MARX: LAVORO SALARIATO E CAPITALE
Faremo del nostro meglio per esporre in maniera semplice e divulgativa, senza dare per scontata la conoscenza neppure delle nozioni più elementari dell’economia politica. Intendiamo farci comprendere dagli operai . (K. Marx, Lavoro salariato e capitale)
Karl Marx, Lohnarbeit und Kapital, 1846; tr. it. Lavoro salariato e capitale, a cura di Diego Fusaro, Bompiani, Milano 2008.
QUARTA DI COPERTINA:
“Lavoro salariato e capitale” è una raccolta di cinque conferenze che Marx tenne nel 1846 presso l'”Associazione degli operai tedeschi”, poi pubblicate singolarmente sulle pagine della “Nuova Gazzetta Renana” (1849), furono diffuse in tutto il mondo da Friedrich Engels, dopo la morte di Marx, sotto forma di “opuscolo di propaganda” per la lotta di classe. Queste conferenze rappresentano lo straordinario tentativo di rendere accessibili, in forma divulgativa, i risultati scientifici dell’analisi marxiana, con l’obiettivo di spiegare le antinomie del progresso ai lavoratori, ossia a coloro che le vivono in prima persona. Spaccato tra ricchezza e miseria, tra emancipazione e asservimento, il capitalismo, vera e propria contraddizione in processo, genera progresso e possibilità emancipative e, con lo stesso movimento, li nega per una parte dell’umanità. In queste pagine, il rigore dell’analisi scientifica si fonde, in un equilibrio virtuoso, con la lotta per un mondo più giusto, con il “sogno di una cosa”, ossia con la speranza in un avvenire senza schiavi né padroni. Ne emerge, a tratti, un Marx diverso rispetto a quello “scientifico” del “Capitale”: il “Marx della speranza”, che mira a dimostrare come la speranza sociale nel crollo del capitalismo e delle sue contraddizioni sia scientificamente fondata e destinata a diventare realtà. Diego Fusaro (Università San Raffaele di Milano) è studioso del pensiero di Marx e delle sue declinazioni otto-novecentesche.
I rapporti sociali all’interno dei quali gli individui producono, i rapporti sociali di produzione, si modificano, mutano col mutare e con lo svilupparsi dei mezzi materiali di produzione, delle forze produttive. Nel loro complesso, i rapporti di produzione formano ciò che prende il nome di rapporti sociali, di società, e nella fattispecie di una società a un determinato grado dello sviluppo storico, una società che sia contraddistinta da un particolare carattere. La società antica, la società feudale, la società borghese sono simili insiemi di rapporti di produzione, e, contemporaneamente, ciascuno di questi insiemi contraddistingue uno stadio specifico dello sviluppo nella storia dell’umanità. (K. Marx, Lavoro salariato e capitale)
KARL MARX: FORME DI
PRODUZIONE PRECAPITALISTICHE
Il fatto che il lavoratore trovi le condizioni oggettive del lavoro come disgiunte da lui, come capitale, e il capitalista trovi il lavoratore come essere privo di proprietà, come lavoratore astratto, lo scambio quale avviene tra valore e lavoro vivo, presuppone un processo storico . (K. Marx, Forme di produzione precapitalistiche)
Karl Marx, Formen, die der kapitalistischen Produktion vorhergehn, 1857-1858; tr. it. Forme di produzione precapitalistiche, a cura di Diego Fusaro, Bompiani, Milano 2009.
QUARTA DI COPERTINA:
Le Forme di produzione precapitalistiche costituiscono una parte decisiva dei Grundrisse, ossia dei Lineamenti di critica dell’economia politica composti da Marx, sotto forma di appunti e in vista della stesura del Capitale, tra il 1857 e il 1858. Vero e proprio «testo dentro il testo», esse rappresentano una sorta di interruzione momentanea dell’indagine critica di Marx sul presente del modo di produzione capitalistico e volgono invece lo sguardo al passato dei mondi che lo hanno preceduto e ne hanno preparato l’avvento: i modi di produzione antico, asiatico e feudale, nelle loro specifiche articolazioni e dinamiche. Più precisamente, il nucleo tematico di questo laboratorio intellettuale, che ci permette di seguire Marx mentre elabora il proprio pensiero, è l’analisi della legge generale dello sviluppo storico e del legame reciproco dei diversi modi di produzione che si sono storicamente succeduti. Incentrato su una filosofia della storia stadiale e dialettica, conflittuale e orientata al fine ultimo della «società senza classi», il progetto marxiano poggia su una salda convinzione: non è possibile comprendere pienamente il «funzionamento» del mondo capitalistico senza averne correttamente decifrato la genesi storica e senza essersi affrancati dalle spiegazioni ideologiche, naturalistiche e «robinsoniane» dell’economia politica classica. Non si può fare luce sul presente, insomma, né prefigurarsi le contraddizioni che accompagneranno l’umanità verso il futuro, senza aver preventivamente fatto i conti con il passato.
Diego Fusaro (Università San Raffaele di Milano) è studioso del pensiero di Marx e della tradizione marxista, a cui ha dedicato alcune monografie. In questa stessa collana, di Marx ha già curato l’edizione della Differenza tra le filosofie della natura di Democrito e di Epicuro (2004), dello scritto Sulla questione ebraica (2007) e di Lavoro salariato e capitale (2008). È l’ideatore del progetto internet “La filosofia e i suoi eroi” (www.filosofico.net), punto di riferimento per il dibattito filosofico italiano on line.
Nell’economia politica borghese – e nell’epoca della produzione ad essa corrispondente – questo completo dispiegarsi dell’interiorità dell’uomo si manifesta come un assoluto svuotamento, quest’universale oggettivarsi si manifesta come un’estraneazione totale, e la soppressione di tutti i fini unilaterali determinati si manifesta come il più grande sacrificio del fine autonomo a vantaggio di un fine completamente esterno. Per questa ragione, da una parte, il puerile mondo antico appare come un che di più elevato; e, dall’altra, esso lo è ogni qualvolta si tenti di rinvenire un’immagine compiuta, una forma e una delimitazione posta. Esso è soddisfazione da un punto di vista limitato; mentre il mondo moderno lascia insoddisfatti, oppure, dove esso risulta soddisfatto di sé, è volgare. (K. Marx, Forme di produzione precapitalistiche)
KARL MARX – FRIEDRICH ENGELS, MANIFESTO
E PRINCIPI DEL COMUNISMO
Le idee di libertà di coscienza e di religione furono solamente l’espressione dell’egemonia della libera concorrenza nella sfera della coscienza. (K. Marx – F. Engels, Manifesto e principi del comunismo)
Karl Marx – Friedrich Engels, Manifesto e principi del comunismo, a cura di Diego Fusaro, Bompiani, Milano 2009.
QUARTA DI COPERTINA:
Pubblicato nel febbraio del 1848, sotto un cielo oscurato dalle nubi della rivoluzione, il “Manifesto del partito comunista” nasce dall’esigenza di spiegare al proletariato il vero movimento della storia per indurlo così ad abbracciare la missione di ‘seppellitore ‘ del moderno mondo borghese, stregone ormai incapace di controllare le forze infere da lui stesso evocate. In questo modo, il terrifico “spettro del comunismo” poteva materializzarsi, trasformandosi in “forza oggettiva” capace di eseguire gli ordini della storia. Nelle pagine di questa breve ma densissima opera che non fa pace con il mondo, oltre le facili speranze e gli indubbi errori di valutazione, batte il cuore del progetto marxiano di redenzione dell’umanità: la speranza in un mondo senza classi né sfruttamento e la critica radicale del “modo di produzione capitalistico”, hegelianamente inteso come totalità contraddittoria e in movimento verso il proprio “superamento”. Grazie alla “buona novella” installata nel corso stesso degli eventi della storia umana, ed enunciata con un rigore scientifico pari solo al tono profetico, questa “Bibbia politica” andò incontro a un successo che la rese il testo politico più diffuso e famoso di tutti i tempi. Questa edizione offre al lettore italiano anche i “Princìpi del comunismo” di Engels, bozza originaria a partire dalla quale Marx compose il “Manifesto”, successivamente firmato a doppio nome dai due autori.
Voi rabbrividite al pensiero che noi aspiriamo a sopprimere la proprietà privata. Però nella vostra società la proprietà privata è abolita per i nove decimi dei suoi membri; anzi, essa esiste proprio in virtù del fatto che non esiste per i nove decimi. Quindi voi ci deplorate per il fatto che aspiriamo a sopprimere una proprietà la cui condizione necessaria è la mancanza di proprietà per la stragrande maggioranza della società. (K. Marx – F. Engels, Manifesto e principi del comunismo)
BENTORNATO MARX! RINASCITA
DI UN PENSIERO RIVOLUZIONARIO.
Forse non si ha più paura dei marxisti, ma si ha ancora paura di certi non-marxisti che non hanno rinunciato all’eredità di Marx. (J. Derrida, Spettri di Marx)
Diego Fusaro, BENTORNATO MARX! RINASCITA DI UN PENSIERO RIVOLUZIONARIO, Bompiani, Milano 2009. In appena una settimana 6000 copie vendute!
QUARTA DI COPERTINA:
“Forse la conoscenza delle teorie economiche di Marx avrebbe potuto permettere ai nostri economisti e politici di evitare, o perlomeno di attenuare, l’attuale crisi del capitalismo.” (Bryn Rowlands, Financial Times)
Marx è morto. È questa l’ossessiva litania che siamo ormai abituati a sentire. Dietro tale canto funebre – che a prima vista parrebbe proprio il riscontro di un decesso – si cela però, forse, l’auspicio che tale trapasso abbia luogo davvero, perché il “morto” in questione è ancora in forze e non cessa di seminare il panico tra i vivi. Chi si ostina a ripetere, in nome di Dio o del Mercato, che “Marx è morto” lo fa, allora, perché assillato dal suo spettro: esso continua infatti a denunciare le contraddizioni di un mondo capovolto, di una realtà spettrale che – sospesa in un incantesimo di alienazione e sfruttamento, di feticismo e di mercificazione universale – abbiamo prodotto noi stessi, ma che è a tal punto opaca da sembrare autonoma e da dominarci minacciosa. Da queste considerazioni è bene muovere per tornare a leggere Marx, per riflettere sull’attualità e l’inattualità del suo pensiero; su quali siano i suoi “spettri” che continuano ad aggirarsi tra noi, anche oggi che il “socialismo reale” è naufragato e che la storia ha mandato in frantumi il sogno di Marx. Il fallimento delle sue profezie non intacca infatti l’esattezza delle denunce da lui formulate, e la sua critica radicale del capitalismo rappresenta ancora lo strumentario concettuale più “forte” per criticare la società esistente e le contraddizioni che la permeano. Il suo progetto, inoltre, continua a essere – dopo tutto – la più seducente promessa di felicità di cui la filosofia moderna sia stata capace.
Diego Fusaro (Università Vita-Salute San Raffaele di Milano) è attento studioso del pensiero di Marx e delle sue molteplici declinazioni otto-novecentesche. Per Bompiani ha curato l’edizione bilingue di diverse opere di Marx. Ha inoltre recentemente dedicato all’interpretazione del pensiero marxiano tre studi monografici: Filosofia e speranza (2005), Marx e l’atomismo greco (2007), Karl Marx e la schiavitù salariata (2007). E’ il curatore del progetto internet “La filosofia e i suoi eroi”.
INDICE
1. Bentornato, Marx! 7
1. Prologo. Inseguendo uno spettro ossessionante. 7
2. Un pensatore fuori dal comune? 19
3. Affrontare Marx oggi. Variazioni sul tema. 24
4. Il «cantiere aperto» di Marx e l’«edificio ultimato» di Engels e del marxismo. 30
2. Marx pensatore della critica. 45
1. Il cervello della passione. 45
2. Un esordio critico. 48
3. Il dogma dei due mondi: lo Stato e l’emancipazione reale. 59
4. La religione, oppio del popolo. 81
5. La critica della filosofia e la prassi rovesciante. 90
3. Un filosofo della storia in incognito. 97
1. Una filosofia della storia al servizio della speranza. 97
2. La concezione materialistica della storia. 107
3. Ideologia, idee dominanti e sovrastruttura. 118
4. Hegel a testa in giù: una filosofia della storia «futuro-centrica». 129
5. Schiavi, servi e operai salariati: il problema delle classi sociali. 153
6. Una radiografia del capitalismo. 168
7. Marx di fronte al colonialismo. 185
4. Il male sulla terra: la vita di fabbrica. 195
1. La sfera della circolazione: la compra-vendita della forza-lavoro e la forma abbagliante del denaro. 195
2. Alienazione e asservimento: i Manoscritti economico-filosofici del 1844. 209
3. Pluslavoro e plusvalore: la critica dell’economia politica e il dispotismo di fabbrica. 227
4. Un mondo in balia delle cose: il feticismo delle merci. 262
5. Regno della libertà, fine della preistoria. 277
5. Le avventure del materialismo storico: Marx nel Novecento. 308
Cronologia della vita e delle opere. 329
Bibliografia. 333
GIANNI VATTIMO, “BEN SCAVATO VECCHIO KARL!”
[recensione del libro Bentornato Marx! apparsa su “Tuttolibri” di La Stampa di sabato 23 gennaio 2010]
Ricordate la battuta di qualche anno, o decennio, fa: «Dio è morto, Marx è morto, e anch’io non mi sento troppo bene»? Ebbene forse possiamo cancellarla definitivamente. Dio se la cava ancora egregiamente, nonostante i dubbi alimentati dalle condotte scandalose dei suoi ufficiali rappresentanti in terra; e Marx è ormai largamente risuscitato per merito del palese fallimento del suo nemico storico, il capitalismo occidentale, salvato solo dalle misure «socialiste» dei governi liberali dell’Occidente. Ad annunciare con freschezza (e audacia) giovanile il ritorno di Marx è uno studioso torinese emigrato temporaneamente al San Raffaele di Milano, dottorando sotto la saggia guida di Giovanni Reale, un accademico non uso a coltivare giovani ingegni sovversivi. Bentornato Marx !, con il punto esclamativo, è il titolo dell’affascinante libro di Diego Fusaro uscito presso Bompiani (pp. 374, e 11,50). Il libro ha il difetto di portare una dedica al sottoscritto, che ha avuto la ventura di essere tra i professori torinesi presso i quali ha studiato l’autore. Ma ne posso parlare senza pudore perché, a parte l’affettuosa dedica, di mio nel libro non c’è niente, credo nemmeno una citazione; il che può ben valere come garanzia: sia della serietà del lavoro, sia dell’assenza di qualunque conflitto di interesse in questa recensione. Anzitutto, ci voleva la passione e il coraggio di uno studioso giovane per affrontare l’impresa di una ripresentazione complessiva del pensiero di Marx; non tanto perché ancora agli occhi di molti Marx sembra essere un argomento tabù. Ma soprattutto perché bisognava fare i conti con una bibliografia sterminata di studi critici, di interpretazioni anche politicamente contrastanti, senza metterli semplicemente da parte come se fosse possibile tornare al «vero Marx» saltando la storia della fortuna e sfortuna dei suoi testi; e senza, d’altra parte, farsi travolgere dalle discussioni tra gli interpreti, producendo un ennesimo studio in cui Marx risulta oscurato da uno dei tanti ritratti che pretendono di rappresentarlo. Fusaro è riuscito egregiamente a evitare i due rischi, e ha raccontato con chiarezza e vivacità vita e dottrina di Marx prendendo anche francamente posizione su tante questioni interpretative presenti nella vasta letteratura che cita e discute nelle note. Uno dei temi ricorrenti nel libro è quello del rapporto tra Marx e il marxismo. Ma, dice Fusaro, l’opera di Marx è stata sempre un cantiere aperto – anche il Capitale è un libro incompiuto; e pretendere di cercare una verità originaria di Marx è sempre stata solo la tentazione dei dogmatismi che hanno creduto di richiamarvisi anche in connessione con politiche di dominio. Dogmatismo è anche parlare di un socialismo «scientifico», ovviamente. Un vasto settore del marxismo novecentesco è stato dominato (si pensa ad Althusser) dall’idea che Marx sia stato anzitutto uno scienziato della società: proprio Althusser insisteva sulla «rottura epistemologica» che separerebbe il Marx giovane (i famosi Manoscritti economico-filosofici del 1844) dal Marx del Capitale, analista obiettivo della società dello sfruttamento e dell’alienazione. Fusaro, del resto con l’appoggio di molti studi recenti, mostra che neanche l’analisi obiettiva delle strutture del capitalismo condotta nel Capitale sarebbe possibile senza l’operare, nello spirito di Marx, di un costante proposito normativo. Il termine «critica» che ricorre così spesso nei titoli dei suoi scritti – dalla Critica della filosofia del diritto di Hegel fino allo stesso Capitale che è sottotitolato «Critica dell’economia politica», ha sempre avuto per lui il duplice significato: analisi di un oggetto per determinarne il significato e valore, e smascheramento e denuncia di errori e mistificazioni. Per questo Marx merita la qualifica di pensatore «futurocentrico»; per il quale la filosofia non deve limitarsi a descrivere (o addirittura, a contemplare) il mondo, ma deve trasformarlo (come dice la famosa undicesima delle Tesi su Feuerbach). A quella che Gramsci definirà la «filosofia della prassi» Marx giunge partendo da posizioni che condivide con i «giovani hegeliani», discepoli di Hegel che radicalizzavano in senso rivoluzionario le tesi del maestro, ma sempre mantenendosi nell’ambito di una critica teorica degli errori: così, la religione veniva smascherata come proiezione del desiderio di perfezione dell’uomo, ma tutto si limitava a sostituirvi un atteggiamento mentale filosofico. Via via che, anche come giornalista della Gazzetta Renana, Marx acquista conoscenza concreta delle condizioni di sfruttamento in cui vivono i salariati della sua epoca, le posizioni di critica filosofica dei giovani hegeliani gli appaiono sempre più insufficienti: se l’uomo proietta in Dio una immagine di perfezione e felicità che non può avere, non basta spiegargli questo meccanismo alienante; bisogna modificare le condizioni di miseria e di infelicità in cui di fatto vive. Questo in fondo è il significato fondamentale del materialismo storico, che come lo spettro del comunismo ha tanto spaventato le borghesie di tutto il mondo. Il Manifesto del Partito comunista, scritto nel 1848, è un lavoro «su commissione», Marx e Engels lo scrivono per mandato dalla Lega dei comunisti che si riunisce a congresso nel 1847, mentre nel 1864 parteciperanno alla fondazione della Associazione internazionale dei lavoratori, poi passata alla storia come la Prima Internazionale. Anche se da «giovane hegeliano» ha aspirato alla carriera accademica, Marx è ormai un attivista politico, anche la grande impresa scientifica del Capitale nasce in questo clima. Ma: critica e azione politica in nome di che? Marx, nonostante le apparenze e le opinioni di tanti suoi interpreti, è un «filosofo della storia», eredita da Hegel, rovesciandone il senso puramente idealistico, una prospettiva finalistica (una traccia secolarizzata di religiosità): non che ci «sia» un senso dato della storia, ma certo l’uomo lo può creare se si progetta in un tale orizzonte. La descrizione scientifica del capitalismo ha solo senso in questa prospettiva emancipativa. Che nonostante il «sonno della ragione» mediatico-televisivo in cui siamo caduti, ha ancora, e di nuovo, la capacità di svegliare anche noi: davvero, bentornato Marx!
Gianni Vattimo
Dobbiamo a Marx di non essere soli: la nostra solitudine dipende solo dalla nostra ignoranza di ciò che aveva detto. È questa che bisogna accusare, in noi e in tutti coloro che pensano di averlo superato – e non parlo che dei migliori – mentre non sono che alla soglia della terra che egli ci ha svelato e aperto. Gli dobbiamo pure di vedere in lui le sue debolezze, le sue lacune, le sue omissioni: esse concorrono alla sua grandezza poiché non facciamo altro, riprendendole, che riprendere dagli inizi un discorso interrotto dalla morte. Si sa come termina il terzo libro del «Capitale». Un titolo: «le classi sociali». Venti righe, poi il silenzio. (L. Althusser, Leggere il “Capitale”)
DIEGO FUSARO: ESSERE SENZA TEMPO.
ACCELERAZIONE DELLA STORIA E DELLA VITA
Economia di tempo, in questo si risolve in ultima istanza ogni economia. (Karl Marx, Grundrisse)
Diego Fusaro, ESSERE SENZA TEMPO. ACCELERAZIONE DELLA STORIA E DELLA VITA, Bompiani, Milano 2010, prefazione di Andrea Tagliapietra, 411 pagg., 12 euro.
QUARTA DI COPERTINA:
“Come massima disgrazia della nostra epoca, che non permette ad alcunché di pervenire a maturità, devo considerare il fatto che nell’istante prossimo si consuma quello precedente, si sprecano i giorni e si vive sempre alla giornata, senza combinare nulla” (J. W. Goethe, lettera del novembre 1825)
Viviamo nell’epoca della fretta, un “tempo senza tempo” in cui tutto corre scompostamente, impedendoci non soltanto di vivere pienamente gli istanti presenti, ma anche di riflettere serenamente su quanto accade intorno a noi. Di qui il paradosso di una filosofia della fretta, nel tentativo di far convergere la “pazienza del concetto” e i ritmi elettrizzanti del mondo. L’endiadi di essere e tempo a cui Martin Heidegger aveva consacrato il suo capolavoro del ’27 sembra oggi riconfigurarsi nell’inquietante forma di un perenne essere senza tempo. Figlio legittimo dell’accelerazione della storia inaugurata dalla Rivoluzione industriale e da quella francese, il fenomeno della fretta fu promosso, sul piano teorico, dalla passione illuministica per il futuro come luogo di realizzazione di progetti di emancipazione e di perfezionamento. La nostra epoca “postmoderna”, che pure ha smesso di credere nell’avvenire, non ha per questo cessato di affrettarsi, dando vita a una versione del tutto autoreferenziale della fretta: una versione nichilistica, perché svuotata dai progetti di emancipazione universale e dalle promesse di colonizzazione del futuro. Nella cornice dell’eternizzazione dell’oggi resa possibile dalla glaciale desertificazione dell’avvenire determinata dal capitalismo globale, il motto dell’uomo contemporaneo – mi affretto, dunque sono – sembra accompagnarsi a una assoluta mancanza di consapevolezza dei fini e delle destinazioni verso cui accelerare il processo di trascendimento del presente.
Diego Fusaro (Università Vita-Salute San Raffaele di Milano) è attento studioso della “filosofia della storia” e delle strutture della temporalità storica, con particolare attenzione per il pensiero di Fichte, di Hegel, di Marx e per la “storia dei concetti” (Begriffsgeschichte) tedesca. Per Bompiani ha curato l’edizione bilingue di diverse opere di Marx. Ha inoltre dedicato quattro studi monografici all’interpretazione del pensiero marxiano e ai suoi nessi con l’idealismo fichtiano e hegeliano: Filosofia e speranza (2005), Marx e l’atomismo greco (2007), Karl Marx e la schiavitù salariata (2007), Bentornato Marx! (Bompiani, 2009). È il curatore del progetto internet “La filosofia e i suoi eroi” (www.filosofico.net).
INDICE
Prefazione di Andrea Tagliapietra
1. Non c’è tempo! Modernità irrequieta.
1. Mi affretto dunque sono. Fenomenologia della fretta.
2. L’impazienza della storia: cenni sul moderno regime di temporalità.
3. Tutto corre. Ipertrofia dell’aspettativa e «futuro-centrismo» dei concetti.
4. The time is out of joint: tutto ciò che è solido si dissolve nell’aria.
2. Che fretta c’era? Genealogia dell’«essere-senza-tempo».
1. Rivoluzione industriale e velocizzazione della tecnica, della scienza e della produzione.
2. Dialettica dell’impazienza. Rivoluzione francese e accelerazione del mutamento socio-politico.
3. Lotte per il tempo. Accelerazione dei ritmi di vita e sindrome della fretta.
4. Le «locomotive della storia»: il treno come simbolo della temporalità moderna.
3. Sempre più veloce. Testimonianze moderne del tempo rapido.
1. Carpe diem. Tempo che stringe e passione per il futuro.
2. Il più veloce dei mondi possibili. Fretta e utopie del tempo nella letteratura.
3. «Come se la storiografia non riuscisse più a tenere il passo della storia»: il punto di vista degli storici.
4. «Verrò presto!»: la fretta come secolarizzazione di un’idea ebraica e cristiana.
5. La genesi dell’idea di «abbreviazione dei tempi» tra religione e scienza.
4. Tempus fugit. Filosofie della fretta.
1. Riguadagnare il tempo perduto: strategie dell’alta velocità.
2. Kant e l’accelerazione del progresso come imperativo categorico dell’umanità.
3. Hegel e lo «Spirito del mondo» con gli stivali delle sette leghe.
4. Il tempo delle merci: Marx e la concezione materialistica dell’accelerazione.
5. Time is money. Capitalismo e astuzia dell’accelerazione.
6. Lenin, Hitler e le «cronopolitiche» della fretta.
5. Accelerazione senza futuro e nichilismo della fretta.
1. Il disagio della velocità e la tirannia dell’istante.
2. Niente tempi morti, per favore! Internet e la fretta globalizzata.
3. Dal «futuro passato» all’«eterno presente»: accelerazione postmoderna.
4. Elogio della tartaruga. Cairologia consumistica e nuove emorragie di tempo.
5. Eternizzazione del presente, desertificazione dell’avvenire.
Bibliografia.
Pare quasi che in questi tempi lo Spirito, che sino allora aveva proceduto a passo di lumaca nel suo svolgimento, aveva anzi retroceduto e s’era allontanato da sé, calzi gli stivali delle sette leghe.
(G.W.F. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia)
DIEGO FUSARO: L’ORIZZONTE IN MOVIMENTO.
MODERNITÀ E FUTURO IN REINHART KOSELLECK
Diego Fusaro, L’orizzonte in movimento. Modernità e futuro in Reinhart Koselleck, Il Mulino, Bologna 2012, prefazione di P.P. Portinaro.
QUARTA DI COPERTINA:
In forza della sua costitutiva pluridisciplinarità, la riflessione di Reinhart Koselleck (1923-2006) costituisce oggi un importante punto di riferimento per studiosi che, provenienti da esperienze culturali molto eterogenee, trovano nella pratica della «storia dei concetti» («Begriffsgeschichte») un fecondo metodo d’indagine e di confronto. Il presente lavoro costituisce la prima monografia – nel panorama sia italiano, sia internazionale – specificamente dedicata alla ricostruzione e all’analisi di pensiero di Koselleck, alla sua genesi e ai rapporti intrattenuti con l’ermeneutica gadameriana, la «teoria del politico» schmittiana, l’ontologia heideggeriana, il «teorema della secolarizzazione» löwithiano e la «Verfassungsgeschichte». A giusta distanza dalla tradizionale «history of ideas», l’opera koselleckiana tematizza la concettualità nella sua funzione politico-sociale, facendo convergere il fuoco prospettico della sua analisi sulla «zona di scambio» tra i processi sociali alimentati e tenuti in tensione dal vocabolario moderno e il modo in cui quest’ultimo va modellandosi sul terreno concreto dei conflitti, dei compromessi e degli equilibri dinamici dell’azione e del pensiero politico. Koselleck adombra come in quella «soglia epocale» («Sattelzeit») racchiusa tra i due estremi del 1750 e del 1850 la costellazione dei concetti fondamentali della storia e della politica sia andata incontro a una profonda risemantizzazione, a partire dalla quale è lecito leggere la genesi del moderno con la sua passione per il futuro e con la sua scoperta del concetto di «storia» al singolare.
Diego Fusaro è ricercatore di Filosofia nell’Università San Raffaele di Milano. Studioso della filosofia della storia e delle strutture della temporalità storica, ha recentemente pubblicato «Marx e l’atomismo greco» (2007), «Karl Marx e la schiavitù salariata» (2007), «Bentornato Marx!» (2009) e la monografia «Essere senza tempo. Accelerazione della storia e della vita» (2010).
DIEGO FUSARO:MINIMA MERCATALIA. FILOSOFIA E CAPITALISMO
[ SAGGIO INTRODUTTIVO DI ANDREA TAGLIAPIETRA, BOMPIANI, MILANO 2012]
“Venne infine un tempo in cui tutto ciò che gli uomini avevano considerato come inalienabile divenne oggetto di scambio, di traffico, e poteva essere alienato; il tempo in cui quelle stesse cose che fino allora erano state comunicate ma mai barattate, donate ma mai vendute, acquisite ma mai acquistate – virtù, amore, opinione, scienza, coscienza, ecc. – tutto divenne commercio. È il tempo della corruzione generale, della venalità universale, o, per parlare in termini di economia politica, il tempo in cui ogni realtà, morale e fisica, divenuta valore venale, viene portata al mercato per essere apprezzata al suo giusto valore”.
(K. Marx, “Miseria della filosofia”)
Dalla quarta di copertina:
“Il mondo non è vero, ma vuol tornare a casa per mezzo degli uomini e della verità” (E. Bloch, Spirito dell’utopia)
La modernità è anche la storia del nesso di tensione, adattamento e contrasto tra la filosofia e l’assolutizzazione del mercato in cui si condensa lo spirito del capitalismo. Sulle orme di Hegel e di Marx, il libro delinea una fenomenologia dello spirito del capitalismo condotta sui due piani della storia della modernità e delle principali figure del pensiero che l’hanno animata. Massima alienazione dell’uomo rispetto alle proprie potenzialità ontologiche, l’odierno monoteismo del mercato è la prima società in cui regna sovrano il principio metafisico dell’illimitatezza, il “cattivo infinito” della norma dell’accumulazione smisurata del profitto a scapito della vita umana e del pianeta. In questo scenario, la filosofia resta il luogo del rischio assoluto: infatti, essa è il luogo della possibile resistenza al nichilismo della forma merce e, insieme, della sua eventuale legittimazione in stile postmoderno.
INDICE
Metafisica e apocalittica del denaro (di Andrea Tagliapietra)
1. Fenomenologia dello spirito del capitalismo
1.1 Ugocsa non coronat. La critica come passione durevole
1.2 Scienza della logica del capitalismo. Per una nuova ontologia dell’essere sociale
1.3 Bentornato Hegel! Il nesso dialettico tra ontologia e temporalità
1.4 Mappa dell’opera. Le tre figure dialettiche del capitalismo
2. Nulla di troppo. La metafisica greca del limite
2.1 La misura è la cosa migliore
2.2 La nascita della filosofia greca come reazione all’illimitatezza
2.3 Ricomporre la scissione. Figure del “giusto mezzo”
2.4 L’etica greca e lo spirito del comunitarismo
2.5 La crematistica e il “mare infinito della disuguaglianza”
3. Fase astratta: il capitalismo pone se stesso
3.1 Accumulazione originaria e produzione della soggettività disciplinata
3.2 L’astrazione reale del nuovo “signore del mondo”
3.3 Cartesio tra genesi del soggetto formalistico-astratto e oblio dell’essere sociale
3.4 Unificazione del mondo delle merci: materialismo, deismo e lavoro astratto
3.5 Una feconda anomalia: l’ontologia politica di Spinoza
3.6 Hume, Smith e l’autonomizzazione dell’economico
3.7 Il capitalismo come “cosa in sé”. I limiti del Kritizismus kantiano
4. Il capitalismo dialettico tra “coscienza infelice” e “lotta per il riconoscimento”
4.1 Lotte per il riconoscimento del lavoro servile
4.2 Genealogia della coscienza infelice borghese
4.3 Temporalità dialettica: il “futuro-centrismo” tra logica del profitto e progettualità emancipativa
4.4 Solo un Io ci può salvare: Fichte e l’ontologia della prassi
4.5 Tragedia nell’etico: Hegel borghese anticapitalista
4.6 “Un trionfo della scienza tedesca”: Marx idealista
5. Non avrai altra società all’infuori di questa! Il capitalismo assoluto-totalitario
5.1 Capitalismus sive natura. Il Sessantotto e l’eclisse dell’elemento dialettico
5.2 Homo precarius: desiderio consumistico ed eclisse del futuro
5.3 Avventure dell’ideologia e mistica della necessità
5.4 La lettera rubata di Lyotard. Teologie del disincanto e superstizione scientifica
5.5 Grand Hotel Abisso. Lo strano caso del dottor Weber e di mister Marx
5.6 Sensibilmente sovrasensibile. Il nichilismo della forma merce
5.7 Prolegomeni a ogni metafisica futura che vorrà costruire nell’azzurro
RECENSIONI RICEVUTE
SUICIDIO POST-LAUREA?
MEGLIO UBRIACARSI CON MARX
(di Edoardo Camurri, Il Riformista, 13 luglio 2004)
Penso, dunque sono. (Cartesio)
Compito per le vacanze. Tutti gli studenti che, approfittando dell’estate, si dedicheranno alla stesura della tesi di laurea (in materie umanistiche o, magari, in filosofia) potrebbero trarre vantaggio dal leggere e meditare alcune dissertazioni universitarie di alcuni prestigiosi colleghi: tipo Karl Marx, tipo Carlo Michelstaedter, tipo Giorgio Manganelli. Sul primo diremo tra breve, sul secondo e sul terzo diremo velocemente subito. Manganelli si laureò nel 1945 con una tesi folle e insaziabile: Contributo critico allo studio delle dottrine politiche del Seicento italiano (pubblicato nel 1999 da Quodlibet), un centinaio di pagine barocche e densissime su quanto gli «stomachi cupi» della politica abbiano cercato di occultare le mani insanguinate della guerra «con guanti gradevolmente odorosi di ambra». Manganelli se ne infischia dello stile accademico e ce la mette tutta per scrivere una tesi alla sua maniera. Michelstaedter nel 1910 ha scritto invece il suo capolavoro La persuasione e la rettorica (Adelphi) ma siamo incerti se suggerire agli studenti di percorrere fino in fondo la sua strada: Michelstaedter giunse a un vertice così alto di speculazione filosofica che non arrivò neppure a discutere la sua tesi; dopo aver infatti completato le appendici critiche non trovò altra soluzione che uccidersi con un colpo di rivoltella, esausto ed esasperato da un lavoro così definitivo. Più modestamente proponiamo di seguire l’esempio di Karl Marx che, il 15 aprile 1841, si laureò a Jena con una tesi davvero incendiaria, Differenza tra le filosofie della natura di Democrito e di Epicuro (il testo, con tedesco a fronte, è stato pubblicato recentissimamente da Bompiani in un’ottima edizione a cura di Diego Fusaro).
[di Edoardo Camurri, Il Riformista, 13 luglio 2004]
LA LAUREA DI MARX. UN CLASSICO DEL ‘900
(di Mauro Visentin, La Repubblica, 11 agosto 2004)
BLOCH E LÖWITH INTERPRETI DI MARX
(ARTICOLO APPARSO SULLA RIVISTA AGRICOLTURA MODERNA, MARZO 2006)
IN QUESTO NOSTRO MONDO ESISTE ANCORA LA SPERANZA?
(DI SARA PLATONE, RIFORMA, 14 APRILE 2006)
INCONTRO CON FUSARO (IL RISVEGLIO, 11 MAGGIO 2006)
L’EREDITÀ DI MARX FRA BLOCH E LÖWITH (DI RODOLFO GARAU, APRILE – QUOTIDIANO PER LA SINISTRA, 14 GIUGNO 2006)
Il problema dell’eredità marxista è una delle questioni fondamentali che la sinistra post-comunista ha tentato di affrontare, con risultati contraddittori, a partire dal crollo dell’Unione sovietica. Sinistra che si è resa protagonista di una frettolosa ritirata strategica prima, e infine di un totale abbandono, culminato in alcuni casi in mea culpa dai tratti quasi revisionisti. L’esperienza dei democratici i sinistra è in questo senso emblematica. In Italia tuttavia, a più di quindici anni dalla svolta capeggiata da Achille Ochetto, si assiste ancora oggi ad una latenza ideale e concettuale a cui può essere forse in una certa misura imputato il calo di consensi che ha contraddistinto gli ultimi dieci anni della storia del partito. A favore, forse non a caso, dei partiti che si richiamano ancora oggi alla tradizione comunista, in modo più o meno ortodosso. Ma si sono davvero fatti i conti con Marx? O meglio: con quale Marx si sono fatti conti? Infine: esiste ancora oggi qualcosa, all’interno del pensiero marxista, che possa essere maneggiato senza imbarazzo da una sinistra post-comunista? Il libro Filosofia e Speranza- Ernst Bloch e Karl Loewith interpreti di Marx di Diego Fusaro, giovane studente del corso di laurea specialistica in Filosofia presso l’Università di Torino, già curatore per Bompiani dell’edizione della Differenze tra le filosofie della natura di Democrito ed Epicuro di Marx e dell’Apologia di Raymond Sebond di Montagne, oltre che pioniere della digitalizzazione della filosofia con il sito internet www.filosofico.net, riapre la breccia sul Marx che rimane in piedi senza materialismo storico. Uno dei problemi lasciati infatti irrisolti dal filosofo di Treviri riguarda la legittimità della speranza in sede etica e teoretica, tanto nella cornice del suo pensiero quanto nel più ampio orizzonte della filosofia. L’intera opera di Marx appare infatti in bilico fra le opposte dimensioni della scienza e della speranza. È proprio la seconda chiave di lettura che Ernst Bloch e Karl Loewith privilegiano, riconoscendo alla riflessione di Marx un’ineludibile tensione utopica rispetto alla quale la scienza sarebbe un fenomeno secondario e funzionale. Dunque la speranza momento centrale della filosofia marxista, valutata tuttavia in termini opposti dai due pensatori. Per Ernst Bloch, filosofo del Geist der Utopie, è la speranza la vera dimensione ontologica, la spinta messianica di un uomo inesorabilmente inappagato dalla realtà: il mondo non è vero, ma vuole tornare a casa. Per Karl Loewith invece sembra vano aspettarsi un futuro migliore, perché difficilmente si da un futuro che, quando diviene attuale, non deluda le nostre speranze. Le speranze dell’uomo sono cieche, cioè irrazionali ed erronee, ingannevoli ed illusorie. L’ottimo libro di Diego Fusaro termina in modo significativo con una citazione dallo Spettri di Marx di Jacques Derrida: “Ora, se c’è uno spirito del marxismo cui non vorrei mai rinunciare, non è solamente l’idea critica o l’atteggiamento questionante […]. È piuttosto una certa affermazione emancipatrice e messianica, una certa esperienza della promessa che si può tentare di liberare da ogni dogmatica e persino da ogni determinazione metafisico-religiosa, da ogni messianismo”. Il libro –dal costo di 10 euro- è disponibile presso le librerie specializzate o su ordinazione on-line al sito www.filosofico.net/j, senza costi di spedizione. [di Rodolfo Garau, Aprile – Quotidiano per la sinistra, 14 giugno 2006]