NATURA
“Natura! Ne siamo circondati e avvolti – incapaci di uscirne, incapaci di penetrare più addentro in lei. Non richiesta, e senza preavviso, essa ci afferra nel vortice della sua danza e ci trascina seco, finché, stanchi, non ci sciogliamo dalle sue braccia”.
(J.W. Goethe, Frammento sulla natura)
A cura di Diego Fusaro Che cosa dobbiamo davvero intendere con l’espressione “natura”, che quotidianamente impieghiamo nel nostro lessico senza, tuttavia, sottoporre all’attenzione filosofica che essa merita? Nella sua accezione più larga, la natura indica l’insieme complessivo e indistinto delle cose che sono: è, in altri termini, la totalità degli enti in sé considerata, l’universo inteso nei suoi fenomeni e nelle sue attività, nel suo ordine e nelle sue leggi. La natura è, allora, tutto ciò che esiste nello spazio: lo è tanto la tartaruga che si trascina stancamente, quanto le rocce spigolose della montagna. Certo, all’interno dell’ampio spazio della natura, possiamo distinguere con una certa precisione i tre regni che la caratterizzano e che coincidono, secondo una complessità crescente, con quello minerale, con quello vegetale e con quello animale. In quest’ultimo, ovviamente, rientra anche l’uomo, che è un essere veramente speciale: egli è unione di cultura e di natura, di biologia e di storia. Vi sono, infatti, in noi determinazioni che sono del tutto naturali, come ad esempio il mangiare e il bere, e altre che, invece, presentano peculiarità storiche e culturali, come, tra l’altro, il bere vino e mangiare cibi cotti in un certo modo e preparato in maniere specifiche. E proprio perché siamo, insieme, natura e cultura, sarebbe erroneo pensare di poter sacrificare una di queste due componenti essenziali a beneficio dell’altra: siamo entrambe e non potrebbe essere altrimenti. La filosofia, fin dall’antichità, ha prospettato due diversi ordini di interpretazione della natura. Per un verso, vi sono stati coloro i quali l’hanno intesa meccanicisticamente: ossia come un immenso meccanismo funzionante secondo un sistema ad alta complessità di cause ed effetti, composto da atomi che si aggregano e si separano, dando luogo ai processi di nascita, crescita e morte. Per un altro verso, vi sono stati autori diversi che, come ad esempio Platone, hanno concepito la natura come un organismo vivente, addirittura dotato di una sua anima (Platone la chiama espressamente “anima del mondo”): di questo organismo ogni parte sarebbe, per così dire, un membro vivente, e noi umani non ci sottrarremmo a questa specificità. Da queste diverse posizioni scaturiscono, del resto, enigmi degni della massima attenzione, che qui mi limito a richiamare: è la natura orientata a uno scopo? O in essa tutto procede unicamente in virtù di cause meccaniche? E, ancora, qual è la differenza tra natura e spirito? Per taluni, tra i quali annovero anche te, Epicuro, tutto quel che accade è effetto di qualcos’altro e non ha alcun fine in sé. Per altri, invece, la natura è un organismo teleologico, cioè orientato a un fine preciso. Ancora, alcuni sostengono che lo spirito è una semplice manifestazione secondaria della natura. Altri, in modo diametralmente opposto, affermano che la natura è, per così dire, una forma di spirito addormentato e cristallizzato in quell’elemento della spazialità che meno gli si addice. V’è, poi, stato chi ha asserito che la natura è stata creata da Dio ed è, dunque, una sua produzione; e chi, invece, come Spinoza, ha sostenuto che Dio è la natura stessa. Quest’ultima posizione prende il nome di “panteismo”, letteralmente “il tutto divino”, perché finisce per scorgere Dio nel piano stesso delle cose della natura. Una cosa è certa: quand’anche non la intendiamo come coincidente con Dio, la natura chiede di essere rispettata. La mia epoca, invece, ha scelto la via opposta, quella del maltrattamento costante della natura. Essa non viene considerata come la nostra casa più preziosa, ma come un fondo disponibile, come una realtà completamente manipolabile dal nostro agire: quest’ultimo mira al profitto e alla potenza e piega a sé la natura, oltraggiandola ogni giorno. Occorre, invece, acquisire coscienza che essa deve essere rispettata: senza di lei, neppure noi saremmo. |