Premesso che trovo vergognoso brindare alla morte di un essere umano, quand’anche si tratti di un nemico (si brinda – mi fa notare un amico – per la nascita di un uomo ottimo, non per la dipartita di uno non ottimo), mi pare comunque penoso il culto agiografico intorno alla figura di Gorbaciov a cui stiamo assistendo in questi giorni. Più utile e onesto sarebbe un bilancio storico di tipo critico, dunque ben distante da questa stucchevole pappa del cuore che sta inondando i mezzi di comunicazione in queste ore. Con il massimo rispetto per la morte di un essere umano, il giudizio su Gorbaciov non può essere buono. E non può esserlo per i russi, che con la fine dell’Unione Sovietica hanno visto le loro aspettative di vita decrescere sensibilmente e la loro economia precipitare sotto i colpi delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni a beneficio dei cleptocrati, ossia dei vecchi burocrati di partito trasformati rapidamente in oligarchici del capitale. Ma il giudizio su Gorbaciov non può essere buono neppure da parte degli europei: la perestroika che ha portato alla fine dell’Unione Sovietica ha comportato il trionfo incontrastato del capitale, che ormai disinibito è passato all’attacco dei ceti medi oltre che delle classi lavoratrici, producendo l’immiserimento di massa che ancora oggi non ha smesso di mietere vittime. Detto altrimenti, la fine dell’Unione Sovietica è stata non già una liberazione, se non per il capitale, bensì l’inizio del massacro organizzato per i ceti medi e per le classi lavoratrici da parte dei plutocrati neoliberali che ora potevano agire con le mani libere. Per quel che riguarda il diagramma dei rapporti di forza su scala geopolitica, la fine dell’Unione Sovietica è stata una tragedia, la più grande tragedia del secondo Novecento: peggio del mondo diviso in due blocchi poteva esserci solo ciò che è venuto dopo, vale a dire il monopolarismo imperialistico statunitense detto pudicamente globalizzazione. Sembra un’ironia di cui solo la storia è capace quella per cui Gorbaciov lascia il mondo proprio quando lo stesso scenario che dalla sua perestroika aveva preso le mosse sta esso stesso abbandonando l’ordine delle cose: non è forse vero che con la “cordiale intesa” tra Russia e Cina si sta ridisegnando uno scenario potenzialmente multipolare, in grado di mettere sotto scacco la globalizzazione imperialistica americanocentrica? Infine, una piccola analogia storica, a mo’ di ipotesi di lavoro: sono convinto che Gorbaciov e la sua perestroika stiano all’Unione Sovietica come Bergoglio e la sua modernizzazione del Cristianesimo stiano alla Chiesa di Roma.

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Di admin