A cura di Claudia Bianco
Con le Riflessioni sul testo poetico (Meditationes
philosophicae de nonnullis ad poema pertinentibus, 1735) e l’Estetica (Aesthetica,
1750) di Alexander Gottlieb Baumgarten (1714-1762) l’estetica si costituisce
come disciplina autonoma e specificatamente filosofica, dotata di una
precisa collocazione nell’ambito del sapere e dell’insegnamento accademico, di
un proprio oggetto e di un proprio fine. Coniando il neologismo di derivazione
greca aesthetica, che conferisce valore di sostantivo all’aggettivo aisthetike
(sensibile), Baumgarten attribuisce un nome comune a un complesso di temi
che per la prima volta si trovano riuniti in uno stesso ambito disciplinare:
teoria della conoscenza, psicologia e antropologia empiriche, poetica e
retorica. Se è senz’altro legittimo attribuire a Baumgarten il ruolo di
“fondatore” dell’estetica filosofica, bisogna però ricordare che la sua
estetica non si propone in primo luogo come una scienza dell’arte, né come una
filosofia del bello artistico, bensì trae origine dal tentativo di condurre una
riflessione metodica, a partire da una serie di distinzioni relative alla
teoria della conoscenza, su ambiti del sapere, come la poetica e la retorica,
fino ad allora considerati extrafilosofici. >Sullo sfondo della riflessione baumgarteniana si colloca la teoria
leibniziana della conoscenza e la sistematizzazione che ne era stata data, a
inizio Settecento, da Christian Wolff (1679-1754) , la cui produzione
filosofica configura quello spazio enciclopedico nel quale l’estetica viene a
collocarsi come disciplina autonoma nell’ambito della teoria della conoscenza.
In diversi scritti – tra cui le Meditazioni sulla conoscenza, la verità e le
idee, il Discorso di metafisica e i Nuovi saggi sull’intelletto
umano – Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716) propone una classificazione
delle percezioni o conoscenze secondo la loro maggiore o minore chiarezza e
distinzione, e questa classificazione costituisce un motivo di sostanziale
distanziamento da Cartesio, che considerava chiarezza e distinzione nozioni
equivalenti e designanti l’evidenza con cui le idee vere si
presentano alla mente. Leibniz ,invece, distingue nettamente tra chiarezza e
distinzione, all’interno di una classificazione delle conoscenze che, pur
mantenendo un rigoroso continuiamo e gradualismo che esclude ogni soluzione di
continuità , le suddivide in oscure e chiare, le chiare in confuse
e distinte, le distinte in adeguate e inadeguate, e,
infine,tutte le conoscenze in generale in simboliche e intuitive. Nella classificazione leibniziana, oscure sono le conoscenze che
non rendono possibile nemmeno l’identificazione del contenuto percepito, mentre
chiare sono quelle che la rendono possibile. Le conoscenze chiare, a
loro volta, possono essere confuse, quando del contenuto percepito non
siamo in grado di isolare le singole componenti, o distinte quando
possiamo individuarne un certo numero. Se l’individuazione delle componenti del
contenuto percepito è esaustiva ed enumera tutte quelle semplici non
ulteriormente scomponibili, abbiamo una conoscenza adeguata, se invece
questo processo di analisi non arriva agli elementi primi, abbiamo una
conoscenza chiara e distinta ma inadeguata. Infine, una conoscenza è simbolica
se mediata da simboli o segni, intuitiva se il suo contenuto è colto
direttamente senza mediazioni. La conoscenza perfetta, che è propria solo di
Dio e costituisce l’ideale verso cui deve orientarsi la conoscenza umana sempre
perfettibile, è, secondo Leibniz, quella al contempo chiara, distinta,
adeguata e intuitiva. La conoscenza umana, invece, solo raramente è
intuitiva e adeguata: per lo più è invece simbolica e inadeguata, nel senso che
non può fare a meno della mediazione offerta da caratteri e immagini, e di rado
riesce a cogliere, in una rappresentazione, in un’idea o in un concetto, tutte
le unità concettuali semplici non ulteriormente scomponibili. La conoscenza chiara
e confusa, infine – che Baumgarten considererà dominio specifico
dell’estetica – è una conoscenza fondata su percezioni che, come sostiene
Leibniz nelle Meditazioni sulla conoscenza, la verità e le idee, non ci
permettono di “enumerare separatamente delle caratteristiche sufficienti a
distinguere quella cosa dalle altre, sebbene la cosa possieda veramente tali
caratteristiche e requisiti, nei quali si possa risolvere la sua nozione”. Se in Leibniz la classificazione delle conoscenze rimanda comunque a un
gradualismo conoscitivo privo di soluzioni di continuità, il problema che
occuperà tutta la gnoseologia successiva, e in particolare Wolff e Baumgarten,
sarà quello dei limiti delle varie forme di conoscenza, o, meglio, del
suddividersi del continuum della conoscenza umana in ambiti differenti e
diversamente caratterizzati quanto alla loro perfezione e perfettibilità. In
particolare, quella che viene progressivamente delineandosi è una divisione tra
conoscenza sensibile, fatta di rappresentazioni chiare e distinte. La
distinzione, stabilita da Wolff nei paragrafi 54 e 55 della sua Psychologia
empirica, tra “parte inferiore” e “parte superiore della facoltà di
conoscere”, aventi per oggetto rispettivamente “idee e nozioni oscure e
confuse” e “idee e nozioni distinte”, è ripresa da Baumgarten, che nella Metaphysica
considera come pertinente alla psicologia empirica lo studio delle facoltà
conoscitive superiori (intellectus, ratio) e inferiori (tra cui sensus,
phantasia, memoria, facultas fingendi). Al centro della riflessione che conduce Baumgarten a definire l’estetica
come disciplina autonoma nel complesso enciclopedico del sapere c’è dunque un
problema di tipo prettamente gnoseologico: distinguere con esattezza le
diverse facoltà conoscitive, i vari livelli della conoscenza e le specifiche
forme di perfezione che ciascun livello può attingere. A questo orizzonte di
problemi si somma poi il tentativo di elevare a uno statuto filosofico la
riflessione sulla poetica e la retorica , che opponeva, negli stessi anni in
cui scrive Baumgarten, il classicismo razionale e prescrittivo di Johann Christoph
Gottsched (1700-1766) e le tesi di Johann Jakob Bodmer (1698-1783) e Johann
Jakob Breitinger (1701-1776), volte a esaltare la parola poetica come capacità
di comunicare immagini fantastiche e muovere l’animo, rendendo visibile
l’invisibile e reale il possibile. Nella prima opera pubblicata da Baumgarten, le Riflessioni sul testo
poetico, i contenuti della poetica e della retorica classiche sono
reinterpretati a partire dal vocabolario teoretico della dottrina della
conoscenza wolffiana: “le rappresentazioni procurate dalla parte inferiore
della facoltà conoscitiva sono sensitive”, un’orazione composta da
parole che significano rappresentazioni sensitive è un ‘”orazione sensitiva”, e
“un’orazione sensitiva perfetta è quella le cui varie parti tendono alla
conoscenza di rappresentazioni sensitive”. Tale “orazione sensitiva perfetta”
è, secondo Baumgarten, il “poema”, il cui studio deve essere condotto da parte
di una disciplina filosoficamente fondata, la “poetica”, capace di difendere
l’autonomia e la poeticità della conoscenza sensibile rispetto alla conoscenza
intellettuale, fatta di rappresentazioni chiare e distinte. In quello che è a
tutti gli effetti un tentativo di ridefinire l’antico problema dei rapporti tra
poesia, retorica e filosofia, riformulando all’interno della teoria della
conoscenza leibniziana il tema dell’emancipazione creativo-poetica
dell’immaginazione, Baumgarten sostiene l’autonomia della conoscenza sensibile
e la legittimità filosofica della disciplina che ne studia il
possibile perfezionamento. Il sensibile, che nella tradizione leibniziana era
il territorio dell’oscuro e del confuso, non deve essere condannato bensì
indagato nella sua specificità per coglierne le potenzialità conoscitive, come
già aveva fatto lo stesso Leibniz considerando il piacere alla stregua
di un sentimento con cui viene conosciuta, sebbene in modo oscuro e
confuso, una certa qual forma di perfezione. Occorre ridefinire i
rapporti tra sensibile e intelligibile, l’ambito delle
rappresentazioni chiare e confuse non deve essere considerato meramente
propedeutico rispetto alla conoscenza chiara e distinta, e la disciplina che lo
studia deve trarre dalla psicologia i propri principi e il proprio statuto
filosofico: “Filosofia poetica è la scienza che dirige verso la perfezione
l’orazione sensitiva” ; essa deve occuparsi “ di quegli artifizi grazie ai
quali le facoltà inferiori del conoscere potrebbero essere affinate, acuite,
più felicemente impiegate a vantaggio del genere umano. Poiché la psicologia
conferisce saldi principi, non dubitiamo affatto che si possa dare una scienza
la quale diriga la facoltà conoscitiva inferiore: o scienza del conoscere
sensitivo”. La definizione dell’estetica quale scientia sensitive quid cognoscendi
si ritrova nel primo paragrafo dell’introduzione all’Estetica, un
breve testi che contiene in nuce tutto il programma baumgarteniano: “L’estetica
( teoria delle arti liberali, gnoseologia inferiore, arte del pensare in modo
bello, arte dell’analogo della ragione) è la scienza della conoscenza
sensibile”. In questo passo l’estetica è presentata come teoria delle arti
liberali e come poetica, entrambe riconducibili a una forma di gnoseologia autonoma
rispetto alla logica, anche se ad essa analoga , in quanto dotata di
una propria specifica perfezione. Tale perfezione consiste non tanto
nell’elaborazione di rappresentazioni chiare e distinte come quelle della
logica, quanto nel perseguimento di una “chiarezza estensiva”, intesa come
capacità di abbracciare la varietà e la diversità con uno sguardo complessivo e
con rappresentazioni vivaci e concrete. L’orizzonte conoscitivo studiato
dall’estetica si colloca al di sopra delle rappresentazioni oscure e
indistinguibili, ma al di sotto della distinzione peculiare delle
rappresentazioni colte dalle facoltà conoscitive superiori: si tratta di un
orizzonte fatto non di astrazione ma di concretezza, varietà, individualità, un
dominio dotato di una propria verità estetica conosciuta con i sensi e
l’immaginazione e di una propria bellezza, che consiste appunto nella
“perfezione della conoscenza sensibile”. Una verità estetica e una bellezza che
vengono perse nel momento in cui la chiarezza e la confusione sono oltrepassate
in direzione della chiarezza e della distinzione.
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