BENEDETTO CROCE
Arte, intuizione, espressione
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La storia artistica e letteraria è, perciò, un’opera d’arte storica, sorta sopra una o più opere d’arte.



A cura di Claudia Bianco


 

 

Nella primavera del 1900  Benedetto Croce (1866-1952) legge nell’Accademia Pontaniana di Napoli le Tesi fondamentali di un’estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale. Accompagnate da un’ampia parte storica e profondamente rimaneggiate, le Tesi diventeranno due anni dopo l’Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale.  Teoria e Storia (1902) , a cui faranno seguito il Breviario di Estetica (1912) , l’Aesthetica in nuce (1928) e diversi scritti di critica e storia letteraria, tra cui i saggi sulla letteratura italiana dall’Unità ai primi del secolo raccolti nei quattro volumi della Letteratura della Nuova Italia (1914-15) , e testi come  La riforma della storia artistica e letteraria (1917) , Poesia e non poesia (1923), i Nuovi saggi sulla letteratura italiana del Seicento (1931), Poesia popolare e poesia d’arte (1933), La Poesia (1936).  Nell’arco di questa produzione teorica che si misura di volta in volta con i principi fondanti dell’estetica o con l’analisi di singole opere, Croce viene articolando la propria tesi fondamentale, che concepisce l’arte come intuizione ed espressione ,e, come abbiamo visto (vedere Vico) , si richiama alla figura di Giambattista Vico, che per primo avrebbe avuto il merito di proporre una “Logica poetica”, distinta da quella intellettuale, capace di considerare la poesia una forma di conoscenza autonoma rispetto alla filosofia e avente come principio la fantasia.

La genesi della riflessione crociata sull’estetica risale alla memoria del 1893 intitolata La storia ridotta sotto il concetto generale dell’arte. In questo testo arte e storia sono definite entrambe “rappresentazione della realtà”, salvo poi differenziarsi in conoscenza di ciò che è meramente possibile (l’arte) e di ciò che è veramente accaduto (la storia).  La concezione dell’arte come forma specifica e autonoma di conoscenza e l’intenzione di riconnettere i fatti estetici e artistici alla totalità della vita dello spirito ritornano nelle Tesi e nell’Estetica del 1902 , dove l’arte è identificata con la conoscenza intuitiva , distinta da quella concettuale o logica: “La conoscenza ha due forme: è o conoscenza intuitiva o conoscenza logica; conoscenza per la fantasia o conoscenza per l’intelletto; conoscenza dell’individuale o conoscenza dell’universale; delle cose singole ovvero delle loro relazioni; è insomma, o produttrice di immagini o produttrice di concetti”.  Il dominio dell’arte è dunque quello dell’intuizione dell’individuale e dell’immagine fantastica, un dominio profondamente diverso da quello della logica o della scienza, che procedono per elaborazione di concetti, costruzione di classi, astrazioni, ordinamento di fatti.  Conoscenza intuitiva e conoscenza concettuale, studiate rispettivamente dall’Estetica e dalla Logica, si oppongono quindi come momenti distinti, anche se in parte complementari, della sfera teoretica.  Analogamente, nell’ambito pratico Croce distingue tra un primo grado (l’attività  meramente utile o economica, e un secondo grado (quello dell’attività morale), finendo così per delineare l’impianto generale della Filosofia dello Spirito, sviluppato in seguito, oltre che nell’Estetica , nei Lineamenti di Logica (1905) , nella Logica (1909) e nella Filosofia della Pratica.Economia ed etica (1908).

Affermando la tesi secondo cui l’arte è conoscenza intuitiva, Croce si riallaccia al senso originario del termine estetica come autonoma “scienza della sensibilità” introdotto a metà del Settecento da Baumgarten e, contemporaneamente, si ricollega alla concezione kantiana dell’Estetica trascendentale esposta nella Critica della ragion pura.  Come in Kant, così anche in Croce l’estetica si differenzia dalla logica, e l’intuizione dal concetto; se però nella Critica della ragion pura intuizioni e concetti si integrano a vicenda per dar luogo alla sintesi conoscitiva, nell’elaborazione crociata la sfera estetica rimane autonoma rispetto alla logica: vi sono infatti intuizioni “pure” a cui non si mescolano concetti o volizioni, mentre non si può dire il contrario, in quanto non c’è pensiero logico o azione morale che possa prescindere da intuizioni e sentimenti.  In quest’ottica, essendo l’intuizione un grado necessario e imprescindibile della vita dello spirito, non ha alcun senso parlare di morte o eliminazione dell’arte: “domandare se l’arte sia eliminabile sarebbe né più né meno come domandare se siano eliminabili la sensazione o l’intelligenza”.

Ma cosa significa, per Croce, intuizione? L’intuizione è apprensione immediata di un contenuto sensibile, opposta all’elaborazione immediata di un contenuto sensibile, opposta all’elaborazione discorsiva prodotta dall’intelletto.  E’ presenza di un contenuto ai nostri sensi (un’immagine, un colore, un suono) prima dell’intervento di qualsiasi organizzazione concettuale.  L’intuizione si differenzia però sia dalla percezione , in quanto non distingue tra la realtà e l’irrealtà dei propri contenuti, sia dalla sensazione, ossia dalla semplice affezione passiva e meccanica procurataci da qualcosa di esterno.  L’intuizione “pura” – ossia scevra di ogni elemento concettuale – plasma e dà forma alle sensazioni, le fissa in immagini senza pronunciarsi sulla loro verità o falsità, le esprime.

Momento fondamentale dell’attività dello spirito, l’intuizione è dunque espressione, forma e sintesi: “Ogni vera intuizione o rappresentazione è, insieme, espressione.  Ciò che non si oggettiva in una espressione non è intuizione o rappresentazione, ma sensazione e naturalità.  Lo spirito non intuisce se non facendo, formando, esprimendo.  Chi separa intuizione da espressione, non riesce mai più a congiungerle”.  Come scrive Croce, “ l’atto estetico è forma, e nient’altro che forma”, e proprio nella sua capacità di dar forma al sentimento risiede la funzione catartica dell’arte : “Elaborando le impressioni, l’uomo si libera da esse.  Oggettivandole, le distacca da sé e si fa loro superiore.  La funzione liberatrice e purificatrice dell’arte è un altro aspetto e un’altra formula del suo carattere di attività.  L’attività è liberatrice appunto perché scaccia la passività”.  Dalla tesi dell’identità di intuizione ed espressione discende quindi la tesi dell’identità di Estetica e Linguistica generale, contenuta nei titoli delle Tesi e dell’Estetica del 1902: ogni forma espressiva è linguaggio, anche le espressioni figurative o la musica, e il linguaggio è essenzialmente libera creazione .  Le categorie grammaticali, le leggi fonetiche, le stesse lingue storico-naturali studiate dalla linguistica, secondo Croce, sono soltanto costruzioni secondarie, che si elevano sul tessuto liberamente creativo dell’attività espressiva di un linguaggio concepito come attività, dinamicità, “creazione spirituale”.

L’arte è dunque essenzialmente intuizione ed espressione.  Essa differisce profondamente dalla filosofia, in quanto “filosofia è pensamento logico delle categorie universali dell’essere, e l’arte è intuizione irriflessa dell’essere; e perciò , laddove la prima oltrepassa e risolve l’immagine, l’arte vive nella cerchia di questa come in un suo regno”.  Dalla tesi che afferma il carattere intuitivo- espressivo dell’arte e il suo essere parte integrante della vita spirituale, deriva poi una serie di importanti conseguenze per quanto riguarda lo statuto dell’artista, dell’opera d’arte e del bello naturale.  Innanzitutto Croce afferma che l’arte differisce quantitativamente, e non qualitativamente, dalle comuni intuizioni.  Tutte le intuizioni, potenzialmente, sono arte, e la differenza tra le intuizioni dell’uomo comune e quelle del genio artistico non è di natura, genere, qualità, ma di grado, quantità, estensione.  Compito dell’Estetica deve essere, secondo Croce, ricondurre l’arte al complesso della vita spirituale e dell’attività teoretica, rimettendo in discussione ogni gerarchia precostituita e ogni canone tradizionale: “Un epigramma appartiene all’arte: perché no una semplice parola?  Una novella appartiene all’arte: perché no una nota cronaca giornalistica?  Un paesaggio appartiene all’arte: perché no uno schizzo topografico?”.  A questa provocatoria apertura nei confronti delle più diverse forme di espressione, corrisponde però in Croce la tesi della non artisticità della dimensione tecnica e materiale del fare artistico, ossia di ogni processo di fissazione materiale, fisica, delle espressioni.  Una volta raggiunta l’espressione adeguata a una data intuizione, l’iscrizione mediante segni o la fissazione su di un supporto non è altro che un’attività estrinseca, che può avere sicuramente chiari fini pratici – legati alla comunicazione, alla conservazione, alla diffusione sociale dell’arte- ma è priva di valore estetico.  Le opere d’arte, per Croce, sono sostanzialmente immagini interiori , esistono solo “ nelle anime che le creano o le ricreano”.  Alla tecnica artistica e alla componente materiale dell’opera viene così negato ogni senso artistico, in quanto si tratta di qualcosa di estrinseco, di derivato: “Il fatto estetico si esaurisce tutto nell’elaborazione espressiva delle impressioni.  Quando abbiamo conquistato la parola interna, concepita netta e viva una figura o una statua, trovato un motivo musicale, l’espressione è nata ed è completa : non ha bisogno d’altro (...) l’opera d’arte (l’opera estetica) è sempre interna; e quella che si chiama esterna non è più opera d’arte”.

Alla svalutazione della tecnica artistica fa seguito una netta svalutazione di tutta una serie di temi tradizionali dell’estetica, come la distinzione tra generi letterari e tra stili, o la riflessione sul bello naturale. Lo studio dei generi letterari, delle figure retoriche, di categorie estetiche quali sublime, tragico, comico ecc.., è condannato da Croce in quanto estrinseco rispetto all’unicità del principio secondo cui l’arte è intuizione.  L’estetica crociata riconduce all’unità e all’universalità di questo principio la varietà irriducibile delle forme espressive, che devono essere colte nella loro individualità, prescindere da rigide classificazioni che hanno una validità puramente pratica e empirica.  Concetti come tragico, sublime., romanzo, novella, servono semplicemente a ordinare e catalogare le opere letterarie, e diventano fonte d’errore se trasformati in strumenti per la critica e il giudizio estetico.  Di fronte all’arte bisogna chiedersi unicamente se essa sia espressiva e che cosa esprima, e nona quale genere appartenga.  Il bello naturale, invece, per Croce, è privo di quei caratteri di attività e spiritualità che costituiscono l’essenza dell’atto intuitivo ed espressivo dell’arte, che nella sua purezza si distingue tanto dalle sensazioni da cui prende le mosse quanto dai sentimenti di piacere che è capace di suscitare,  Non ha dunque senso parlare di bellezza naturale, in quanto la bellezza non è altro che “l’adeguatezza dell’espressione”.  Tutto ciò che è espresso adeguatamente è bello, mentre è brutto ciò che è antiestetico o inespressivo, e che perciò si pone di fatto al di fuori dei confini dell’arte.

Al principio dell’intuizione Croce riconduce sia il momento della creazione artistica sia quello della ricezione, del giudizio, del gusto.  Come leggiamo nell’Estetica , “l’attività giudicatrice, che critica e riconosce il bello, s’identifica con quella che lo produce.  La differenza consiste soltanto nella diversità delle circostanze, perché una volta si tratta di produzione e l’altra di riproduzione estetica.,  L’attività che giudica si dice gusto; l’attività produttrice, genio: genio e gusto sono, dunque, sostanzialmente identici”.  Il giudizio di gusto nasce dunque da un atto con cui l’intuizione estetica in cui consiste l’opera d’arte viene ri-prodotta.  Su questa possibilità di rivivere la genesi di un’intuizione si fondano, secondo Croce, non soltanto la fruizione dell’arte e l’attività del critico, ma la stessa continuità della nostra vita di coscienza , in cui ci rapportiamo costantemente al nostro passato rivivendolo, e la possibilità di una vita sociale fatta di “comunione coi nostri simili” e di “comunicazione con gli altri uomini, del presente e del passato”.  Per diventare storici della letteratura e dell’arte, però, non è sufficje3nte saper riprodurre le intuizioni contenute nelle opere, ma bisogna che a questa riproduzione faccia seguito la capacità di giungere a nuove intuizioni ed espressioni con cui un’opera viene rappresentata storicamente. Di qui l’alto compito assegnato da Croce alla critica e alla storia dell’arte e della letteratura: “la storia artistica e letteraria è, perciò, un’opera d’arte storica, sorta sopra una o più opere d’arte”.






La filosofia e i suoi eroi